Farebbe bene all’Italia una vacanza di Renzi

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-di ANTONIO MAGLIE-

Considerata la delicatezza di questa fase politica, sarebbe opportuna una lunga vacanza di Matteo Renzi, semmai dietro pressante invito del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Dopo la decisione della Bce che ha negato a Monte dei Paschi di Siena una proroga di venti giorni per portare a termine la ricapitalizzazione, il Paese rischia, a livello creditizio, una crisi sistemica. Insomma, siamo precipitati per le scelte avventurose compiute anche dal presidente del consiglio dimissionario, in una fase di transizione (una delle tante) delicatissima che obbliga a un periodo di decantazione e Renzi per come ha condotto la vicenda della riforma costituzionale e per le sue pulsioni caratteriali non appare in grado di poter ristabilire quel minimo di coesione che consenta all’Italia da un lato di affrontare le emergenze e dall’altro di definire una legge elettorale finalmente seria e per una volta legata non agli interessi di un gruppo ma all’interesse del Paese, della sua governabilità (che non si identifica con la velocità delle decisioni ma con l’efficienza e la qualità dell’azione di governo) e della sua stabilità (che non è rappresentata dall’inaffondabilità di una maggioranza ma dalla trasparenza in cui forze alternative si avvicendano al governo senza creare pericolosi vuoti di potere).

Matteo Renzi può aver fatto in quei suoi mille giorni a Palazzo Chigi delle cose buone e delle cose pessime ma al di là del giudizio che ognuno di noi potrà dare del suo governo, in questo momento lui è più un problema che una risorsa. Ha scelto di porre al centro dell’agenda politica una riforma costituzionale di cui nessuno avvertiva la necessità; l’ha elaborata sulla base del Patto del Nazareno insieme a quel Silvio Berlusconi che ha fatto del trasformismo la cifra fondamentale della sua azione mandando all’aria con puntualità tutti gli “accordi ampi” che pure ha inizialmente agevolato; dopo la rottura con l’ex cavaliere ha deciso di proseguire in solitudine, semplicemente accompagnato dalla sua orchestra di violini e da compagni di strada raccattati alla rinfusa e sulla base di interessi contingenti; ha scelto di spaccare il Paese su un tema, la Costituzione, su cui, al contrario, avrebbe dovuto unirlo; ha cercato di garantirsi per via trasversale e plebiscitaria quella legittimazione che non aveva ottenuto battendo la strada principale, quella delle elezioni politiche.

Lui, Renzi, si è dichiarato sorpreso per un voto che trasuda antipatia nei suoi confronti, ma può oggi destar sorpresa il fatto che in pochi (i fedelissimi) si fidino di lui? La domanda a cui tanto il capo dello Stato quanto il diretto interessato dovrebbero rispondere è semplice: acquistereste dal Matteo da Rignano un’auto usata? Lo strumento migliore per risolvere il rebus sarebbero le elezioni ma per ragioni a tutti note (anche agli estremisti dell’andiamo subito alle urne) non può essere battuta. Dunque, abbiamo bisogno di un governo che raffreddi la situazione, che faccia scendere la tensione salita a livelli inaccettabili e ingiustificati nel corso della lunghissima campagna referendaria, che affronti la crisi bancaria nell’interesse di tutti noi e non di quei banchieri e manager che si sono distribuiti bonus milionari. Non è evidentemente Renzi l’uomo che può servire questa causa, non lo è per temperamento e per tutto quello che in una larga fetta degli italiani la sua figura evoca.

antoniomaglie

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