-di GIANFRANCO PASQUINO-
“I voti contano, le risorse decidono” è il titolo di un breve, ma densissimo articolo scritto da un famoso studioso di scienza politica norvegese: Stein Rokkan. Fra le risorse, nient’affatto improprie (non, ad esempio, le fritture di pesce à la De Luca o altri scambi clientelari, promesse di “quel che vi do, ma, soprattutto, quel che non vi darò”), Rokkan includeva in modo particolare la rete di rapporti fra partiti e governi con i sindacati e con le associazioni industriali, più in generale con la società civile. Credo, però, che a quarant’anni dalla pubblicazione di quell’articolo, Rokkan (deceduto prematuramente nel 1979) non avrebbe nessuna obiezione a includere, anche sulla base delle ricerche successive ai suoi tempi, risorse come il prestigio, le aspettative positive, la credibilità, il consenso basato anche sulle prestazioni passate, la competenza. Certo, non è facile precisare e soppesare queste risorse, ma sicuramente ciascuna di loro conta in politica come e qualche più dei voti e, naturalmente può contribuire ad accrescere quei voti e farli pesare di più.
In Italia, dopo l’esito referendario, i più accaniti sostenitori di Renzi hanno, da un lato, attribuito a Renzi tutti i voti conseguiti dal SI’, vale a dire 13 milioni 432 mila, dall’altro, hanno sostenuto in maniera davvero arbitraria che quello è il bottino dal quale il Partito Democratico potrà fare ripartire la sua politica. Sono due affermazioni assolutamente controvertibili, ma anche rivelatrici di una scheletrica concezione della politica. Dunque, prima considerazione, si riconosce implicitamente che la campagna referendaria di Renzi è stata effettivamente condotta con intenti plebiscitari che, incidentalmente, denunciai fin dal maggio (si vedano i miei interventi ora raccolti in NO positivo. Per la Costituzione. Per buone riforme, Per migliorare la politica e la vita, Edizioni Epoké 2016, anche e-book). Se la richiesta tambureggiante e assillante di voti a sostegno della sua leadership, delle sue riforme, della sua concezione della politica è andata molto oltre quella di un voto per il Partito Democratico, allora non sarà il PD a ripartire da quei voti, ma il Partito di Renzi. Questo è tanto vero che, seconda considerazione, non sono mancati inviti a Renzi di essere lui a uscire dal PD, lasciandolo alle minoranze e lanciando un nuovo veicolo elettorale che soltanto lui può guidare. Che poi quel veicolo abbia comunque bisogno, soprattutto se svincolatosi dalle minoranze interne, dell’appoggio nient’affatto insignificante di Alfano, di Verdini e di non proprio pochi elettori di Forza Italia, è sfuggito agli interessati, nient’affatto interessanti, apologeti di Renzi e del renzismo, gettatisi sulla strada del Partito della Nazione.
Rokkan, studioso gentiluomo, non si preoccuperebbe di venire utilizzato a sostegno della mia tesi, cioè che alla politica italiana dei numeri, manca l’apporto delle risorse: prestigio, aspettative, consenso e, ma non vorrei esagerare, empatia. Infatti, gli imponenti numeri del NO, assolutamente imprevedibili e largamente inaspettati, contengono non soltanto la bocciatura delle riforme costituzionali, ma anche un rigetto, quasi antropologico (aggettivo piuttosto logorato), proprio della leadership di Renzi, del suo stile, delle sue modalità. Amareggiato, è stato lo stesso Renzi a riconoscere questo elemento: “non credevo di essere tanto odiato”. Allora, i numeri contano, ma, forse, non sono tutti di Renzi. Se, però, le risorse contano anch’esse e decidono, allora per mantenere quei numeri e per trovare altri voti e i necessari alleati, qualcuno dovrà comunicare a Renzi che deve acquisire la statura e i comportamenti di un leader democratico che convince prima di e per vincere.
Non sembra che questa strada sia stata imboccata, ma già si vede dietro l’angolo il primo test: la soluzione della crisi di governo e il passaggio della campanella di Presidente del Consiglio al suo successore, come Renzi ha detto, “allegramente”. Lasciamo a Luca Lotti, il braccio destro armato di Renzi, la misurazione del tasso di allegria del suo datore di lavoro.
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