-di MAURO MILANO-
Oggi #JohnLennon è tra le prime tendenze su Twitter in tutto il mondo. È l’anniversario della sua morte. Trentasei anni fa è scomparso il simbolo di un’epoca, l’icona di una stagione della cultura, non solo musicale. È stato l’uomo più rappresentativo di una generazione straordinaria, con i suoi meriti, i suoi problemi e i suoi difetti.
New York City, 8 dicembre 1980. John Lennon sussurra “I was shot…” (“mi hanno sparato…”), fa pochi passi poi cade a terra. L’ex membro dei Beatles, 40 anni, sta rientrando nel suo appartamento dell’Upper West Side di Manhattan con la moglie, Yōko Ono. Riceve quattro colpi di pistola su cinque. Lo portano all’ospedale, ma muore nel giro di pochi minuti. L’assassino è Mark David Chapman, guardia giurata, nato nel 1955, con problemi mentali. E due passioni ossessive: i quattro ragazzi di Liverpool e Il giovane Holden. Ha una copia del romanzo di J. D. Salinger, dopo aver sparato, mentre arriva la polizia si mette a leggerlo. «Lo sai che cosa hai fatto?» gli chiedono. «Sì, ho appena sparato a John Lennon», risponde. Nel pomeriggio gli aveva chiesto un autografo. Si sentiva investito del compito di punire Lennon, per aver tradito i suoi ideali.
È quasi impossibile dire che cosa siano stati i Beatles per la Storia della musica e per il mondo degli anni Sessanta. “Più popolari di Gesù” o poco meno, in assoluto il gruppo di maggior successo commerciale, con vendite complessive che superano il miliardo. C’è una musica prima e una dopo gli “scarafaggi”. Se non hanno inventato un nuovo genere, hanno contaminato tutto e sperimentato su tutto, dal blues al rock ’n roll, dal corno francese al sitar. Le canzoni erano firmate Lennon-McCartney, secondo un accordo non scritto. La vera paternità delle opere della band britannica è, quindi, circondata da misteri come tante altre cose che li riguardano. Ma John era qualcosa di più degli altri tre, non proprio il capo, ma il primo, l’anima.
Lennon è stato anche quello che ha avuto più successo dopo i Beatles, da solista. Si impegnò più di tutti nelle battaglie civili dell’epoca, anche alcune tra le più radicali. Utilizzò metodi capaci di suscitare scandalo. Sono noti i suoi problemi caratteriali e di droga. Negli ultimi anni si era chiuso, si era ritirato dalla scena pubblica, ma non aveva smesso di comporre e di registrare. La sera dell’omicidio stava tornando da uno studio, preparava un nuovo album. Dopo la sua morte ci furono diversi suicidi di suoi fans, che si sentivano privati del loro mito. È venuto a mancare un punto di riferimento. Ma la morte ha reso ancora di più un simbolo lui, e la sua canzone più famosa: Imagine. Non solo una canzone: una preghiera, un’utopia, un desiderio. È la sintesi delle idee della fantasia al potere dell’epoca di Lennon. È la rappresentazione di un sogno che, forse, si realizzerà un giorno. E da qualche parte che John, forse, ha già raggiunto prima di noi trentasei anni fa.
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