-di MAGDA LEKIASHVILI-
Diceva il politologo Francis Fukuyama, che i populismi e i nazionalismi minacciano di mandare all`aria il mondo liberale di oggi, che ha come fondamento l’apertura e la tolleranza. La caduta del muro di Berlino ha preparato il terreno per tutti i paesi in via di sviluppo ad adottare un nuovo modello di Stato. L’apertura delle frontiere e la circolazione delle persone e dei beni fu il primo segno di libertà dopo l’Unione Sovietica. Anche perché uno dei motivi del crollo dell’impero fu la chiusura nel suo guscio, mentre il mondo fuori andava avanti e raggiungeva nuovi livelli di progresso.
Non è bastata solo la formale uscita dall’unione per diventare un paese sovrano e davvero indipendente. La mancanza delle istituzioni negli Stati del Caucaso ha causato la nascita e la crescita dei movimenti nazionalisti. Dopo tanti anni di “schiavitù” politica, ciascun paese doveva recuperare la propria identità. Bisognava però scegliere un modo giusto per farlo. Ognuno definisce l’identità di se stesso per merito degli altri, perché è la diversità che ci distingue l’uno dall’altro. Un po’ come nella vita, il sesso femminile si percepisce perché esistono i maschi, il buio perché c’è la luce, il male perché è il contrario del bene. Anche per un popolo – ritrovare l’identità dopo la sottomissione è una necessità vitale. Serve per ridefinirsi come società civile, rappresentante degno dello Stato. Perché, come si dice, il popolo è sovrano.
Il patrimonio di un paese è costituito dalla lingua, dalla religione, dalla cultura. Gli elementi che uniscono i cittadini e costruiscono la loro identità. La via per tutti i popoli post-sovietici, per definirsi come Stato sovrano e indipendente, con una forte nazionalità, doveva passare attraverso la valorizzazione di questi elementi. Diventando forti, nel frattempo, i nuovi Stati emersi potevano aprirsi ed accettare l’esperienza occidentale e offrirsi anche loro stessi. Perché ogni civiltà può portare il suo nella politica internazionale e non esiste più una identità che domina su tutte le altre.
Però lo scenario successivo agli anni ‘90 non è stato proprio cosi. Sono emersi i leader, che costruivano la propria campagna elettorale con slogan molto forti, pieni di affermazioni nazionaliste e, soprattutto in Georgia, il primo Presidente delle repubblica dopo l’indipendenza, Zviad Gamsakhurdia, è riuscito ad acquistare voti con la frase: “la Georgia per i georgiani”. In questo modo però le minoranze esistenti in Georgia si saranno sicuramente sentite escluse dalla vita politica e sociale. Con il tempo, la storia ha dimostrato quanto sia fallimentare la politica che basata su dichiarazioni nazionaliste. In più, il forte nazionalismo rappresenta l’origine principale delle guerre civili. Già dall’inizio, questa tendenza ha ostacolato l’idea di uno Stato libero.