L’arrogante Schaeuble non accetta bacchettate europee

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Che l’Italia non sia nelle condizioni, dal punto di vista delle regole europee, di scagliare la prima pietra è un dato di fatto. Che, però, un paese che viola altre norme neghi con atteggiamento protervo l’esistenza di queste violazioni dicendo che la Commissione deve badare solo al pareggio di bilancio e non ad altro, è veramente un po’ troppo. Un po’ troppo ma esemplificativo del modo in cui la Germania interpreta la sua leadership continentale. Un solo sostantivo lo definisce con chiarezza: padronale. Con atteggiamento imperiale, si potrebbe definire prussiano, il ministro delle finanze Wolfgang Schaeuble ha detto a Jean Claude Junker di farsi gli affari suoi: se nel corpo del tedesco si fosse inserita l’anima oratoria dell’Antonio Razzi in versione Crozza, avrebbe probabilmente utilizzato un eloquio più diretto. Ma non si va molto lontano dalla realtà affermando che probabilmente lo ha fortemente pensato.

La questione è quella del surplus commerciale: da otto anni la Germania viola la regola in base alla quale il saldo delle partite correnti nella media di un triennio non deve superare il 6 per cento; Berlino ha raggiunto l’8.8 nel 2015.

Il ministro ha con le cifre illustrato la sconfinata virtù economica tedesca: le entrate fiscali aumentate dal 2005 al 2015 del 3,3 per cento l’anno a fronte di un incremento nell’eurozona del 2,7; le uscite cresciute del 2,3 per cento contro il 2,5 dell’eurozona; gli investimenti aumentati del 3,9 per cento contro lo 0,7 dell’eurozona.

Conclusione: “Il problema non è che riceviamo raccomandazioni che non ci piacciano: è del tutto normale. Il problema è che, con queste raccomandazioni, la Commissione devia dal compito della Commissione stessa: cioè di giudicare se i bilanci e i budget dei singoli paesi europei corrispondono a regole e intese europee. Questo è il compito della Commissione, questa è la premessa perché la zona euro rimanga stabile”. Invece, a parere del ministro, Junker con le raccomandazioni sul surplus fa il contrario di quello che dovrebbe fare (cioè “spazzolare” al meglio gli spendaccioni mediterranei). Epica la chiusura: “Dobbiamo opporci”. Dato che il discorso lo ha tenuto al Bundestag, le ovazioni non sono mancate. Sono i primi effetti della ricandidatura della Merkel: queste parole, infatti, non hanno solo l’obiettivo di lanciare avvertimenti agli altri partner (?) europei, ma anche quello di convincere i tedeschi sensibili alle sirene euroscettiche a confermare la fiducia alla cara, vecchia Csu che svolgerà sino in fondo il compito di “cane da guardia” di una idea di Unione gradita a Berlino.

La realtà è un po’ diversa da quella che illustra Schaeuble. La questione non è archiviabile semplicemente dicendo che gli investimenti sono aumentati perché il vero quesito riguarda la misura dell’incremento, se, cioè, sia stato in linea non solo con le norme europee ma anche con la regola macroeconomica della parità dei saldi. In sostanza, saldo pubblico, saldo privato e saldo estero dovrebbero produrre una somma pari a zero. Ma questo in Germania non avviene e la cosa produce squilibri nell’eurozona. Non è un caso che la voce di Junker si sia alzata buon’ ultima perché già nel 2013 (quell’anno il surplus venne addirittura ridimensionato passando dal 7,2 al 6,7 per impennarsi nel 2014 al 7,9)’il Fondo Monetario Internazionale (che non è propriamente un nemico dichiarato di Berlino) aveva invitato il governo guidato da Angela Merkel a rimettere le cose a posto. La Germania investe ma non nella misura sufficiente con la conseguenza che risparmia tanto e spende poco. Le raccomandazioni potranno anche essere sgradite ma per molto meno sono state aperte procedure di infrazione nei confronti di altri soci del circolo di Bruxelles.

antoniomaglie

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