Un referendum tra furbi e pasticcioni

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-di ANTONIO MAGLIE-

Il referendum dei distratti e dei pasticcioni. Sinistra Italiana e il Movimento 5 stelle hanno presentato un ricorso al Tar del Lazio per contestare la legittimità del quesito che verrà proposto agli italiani il prossimo 4 dicembre. Con un “sì” la legge di revisione costituzionale passa, con un “no”, come nel gioco dell’oca, si ritorna alla stazione di partenza, cioè alla Carta attualmente in vigore che rinascerebbe come l’araba fenice dalle sue ceneri. Per i ricorrenti il quesito sarebbe fuorviante più o meno come la pubblicità tendenziosa e ingannevole indicando anche un obiettivo (la riduzione dei costi della politica) che non è contenuto in maniera specifica nel testo del provvedimento approvato in doppia lettura ma può essere, al massimo, una conseguenza sulle cui dimensioni le ipotesi sono varie e molto eventuali (500 milioni secondo la “madrina” del provvedimento, il ministro Boschi; 50 secondo autorevoli istituzioni abili a far di conto; molto meno, intorno a una ventina, secondo valutazioni più pessimistiche). Vito Crimi, non indimenticato capo dei senatori del Movimento 5 stelle, non ha dubbi: “Una truffa”.

Di diverso parere, ovviamente, il principale sponsor della riforma, cioè Mateo Renzi che ha replicato, non senza un pizzico di ironia e una buona dose di teatralità (d’altro canto deve vedersela con un vero funambolo del palcoscenico, Beppe Grillo che, a sua volta, parla di “bluffisti”) sottolineando che la domanda è quello che prevede la legge cioè il titolo del provvedimento. E togliendosi un ultimo sassolino dalla scarpa, ha spiegato che le opposizioni nel corso del dibattito hanno presentato centinaia di emendamenti ma nessuno ha riguardato il titolo della legge con la conseguenze che in quella versione è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

Questo Blog esattamente un mese fa (“Referendum, la capziosa domanda di Maria Elena Boschi”) cioè molto prima che se ne accorgessero i presentatori del ricorso, segnalò la formulazione capziosa, ingannevole della domanda. Ma, allo stesso tempo, sottolineava che la capziosità riguardava non il momento finale (cioè la scheda) ma il momento iniziale (cioè il testo della legge con il titolo decisamente poco asettico). Cosa dice la domanda in questione? Eccola: «Approvate il testo della legge costituzionale concernente “disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione”, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016?»

In effetti, a essere malevoli si potrebbe anche dire che dal punto di vista del tasso di tendenziosità non siamo molto lontani dall’interrogativo posto da Orbàn in Ungheria ai suoi concittadini a proposito delle quote comunitarie sugli immigrati: “Volete che l’Unione Europea imponga l’insediamento forzato di cittadini non ungheresi sul territorio nazionale senza il consenso del parlamento?”. Due domande nella sostanza retoriche: quale cittadino europeo in questo momento non vorrebbe affrancarsi dal burocratico giogo di Bruxelles? E quale cittadino italiano non vorrebbe un costo della politica più contenuto (ma è evidente che la riforma non elimina la corruzione, le mazzette, le tangenti, le bustarelle)?

Certo, Renzi non è Orbàn ma è evidente che il governo ha manovrato con grande furbizia giungendo a un esito che sulla carta dovrebbe agevolarlo. Ma l’opposizione, troppo presa dall’ansia di sgambettare il presidente del Consiglio, di svelare il “bluff” (secondo la retorica grillesca) ha finito per perdere di vista l’essenza stessa della funzione parlamentare cioè la formulazione appropriata delle leggi e dei titoli che le accompagnano. Insomma, da un lato i furbi, dall’altro i disattenti e pasticcioni. A esser sinceri non è che questo scontro legale, nella sua genesi e nella sua conclusione, smentisca i tanti dubbi che gli italiani nutrono relativamente alla qualità della nostra classe politica, tanto distratta da perdere di vista non solo i contenuti ma anche le forme.

antoniomaglie

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