-di SANDRO ROAZZI-
Italia non esagerare. Pare essere questo in sostanza il “consiglio” che anche Draghi dà mentre si sta definendo la nuova legge di bilancio. Palazzo Chigi prova a collocare fuori dai parametri europei quel che è possibile e credibile, dai costi per gli immigrati a quelli della ricostruzione post-terremoto. Non è dato di sapere se anche la resurrezione del Ponte di Messina rientra in tale classifica. Di certo c’è che Bruxelles ha già lustrato a dovere la lente di ingrandimento per valutare le carte che Roma gli invierà anche al fine di esprimersi sul tormentone della flessibilità. Con la differenze rispetto al passato che tutto si svolge, richiamando ancora Draghi, in una situazione di debolezza generale. Le scomuniche non paiono consentite.
La problematicità del momento ha spinto a rinviare a domani, testo del Def già pronto, il confronto (finale?) Sulle pensioni. In questi giorni si è fantasticato parecchio sulle misure in ballo. Ed ha pesato probabilmente la campagna di Confindustria per privilegiare le destinazioni gradite al mondo delle imprese rispetto al nodo previdenziale. Al dunque, però, l’impianto dell’operazione pensioni sembra restare sostanzialmente inalterato con, forse, la riduzione della platea dei lavoratori precoci (considerati quelli sotto i 16 anni?) per contenere qualche costo. E restare nei paraggi dei due miliardi di spesa (forse qualcosa in meno) più volte ipotizzati. Se cosi’ fosse il problema resterebbe essenzialmente di tipo politico e come tale finirà per essere affrontato al livello più alto, quello delle segreterie generali di Cgil, Cisl, Uil.
La Cgil ha in queste settimane sospeso il giudizio con qualche intonazione negativa. Non solo per una questione di soldi, ma anche per il ricorso all’Ape, divenuto quasi un nodo ideologico. Ma al dunque il dilemma è più semplice ed al tempo stesso più complicato: accordarsi con Renzi, quel Renzi al quale si è detto no sul referendum. Ma il DNA del sindacato, malgrado tutto rimane pragmatico e riformista. Quindi come scartare la possibilità che alla fine si individui una soluzione in grado di attribuire anche alle confederazioni il merito di aver risolto alcuni problemi reali e di equità a vantaggio dei lavoratori e dei pensionati?
Tutti consapevoli che il ritorno a un sistema di flessibilità vero fra lavoro e pensione è in buona parte ancora da realizzare. Si pensi alla condizione dei disoccupati anziani, di molti esuberi in arrivo, dei redditi previdenziali bassi. Su questo versante Uil e Cisl si sono battute con decisione del resto. Rispunta in queste ore anche l’idea di concludere il confronto con un verbale, non una vera e propria intesa, che fotografi gli esiti del confronto. Dando risposte ad un disagio sociale reale.
Il Governo andrebbe in Parlamento senza il peso di una ostilità da parte del movimento sindacale, Cgil, Cisl e Uil dimostrerebbero di saper essere in grado di svolgere un ruolo da protagonisti che ottiene risultati concreti e positivi. Entrambi potrebbero fare tesoro di questa esperienza per avviare una stagione nuova di rapporti. Nel passato la vigilia degli atti finali era contrassegnata da fibrillazione e drammatizzazioni. Oggi non pare che questo rituale debba ripetersi. Ma fino all’ultimo è saggio sospendere ogni giudizio.