-di SANDRO ROAZZI-
Mentre fervono le indiscrezioni sulla nuova legge di bilancio con i miliardi che si cercano, si spostano e talvolta si… asciugano (come sembrerebbe nel caso della previdenza), arrivano notizie assai grigie dall’economia reale. L’Istat comunica che a luglio le vendite al dettaglio hanno accusato un -0,3% rispetto a giugno ed in termini tendenziali la variazione resta negativa con un -0,2% in valore ed un -0,8% in volume. Che è come dire che lo scenario dei consumi peggiora invece di migliorare.
L’andamento delle vendite negli ultimi due anni del resto è assai oscillante fra alti e bassi che segnalano come non ci sia una vera e propria direzione di marcia per i consumatori, fermo restando che la prudenza ed il timore di andare verso il peggio continuano a dominare la scena. Si ristabilisce per giunta il divario fra una grande distribuzione che aumenta le vendite sia pure galleggiando su un punto percentuale o poco più e i piccoli negozi tornati in terreno negativo con percentuali che si avvicinano invece ad una perdita di poco inferiore al punto e mezzo.
Il segno più in termini di prodotti se lo aggiudica il comparto alimentare dove probabilmente ha ripreso quota una sia pur modesta dinamica dei prezzi, moderata peraltro da offerte e sconti ormai immancabili. Non bene invece gli altri prodotti fra i quali si segnala la caduta di quasi cinque punti del settore che riguarda libri, giornali, riviste (-4,6). Riferendosi a luglio il dato potrebbe far pensare ad una fuga… da vacanze ma in realtà come testimoniano diverse ricerche gli italiani anche sulla spiaggia non si separano dal tablet o dal computer portatile mentre ritengono di poter fare a meno di quotidiani e libri.
Non è certo un segnale generalizzabile ma non si può escludere che sia il sintomo di una disaffezione crescente verso un certo tipo di informazione che dovrebbe porre interrogativi seri sul futuro. La crisi di vendite dei giornali, in particolare dei grandi giornali, delle edicole che si stanno riducendo drasticamente, ed il fin troppo basso numero di lettori di libri che ingessa la nostra editoria è fin troppo sottovalutata e meriterebbe ben altra considerazione in quanto interpella anche la qualità della convivenza civile di un Paese.
Intanto quel che conta è ora il capire come si muoverà il governo per rianimare una crescita che resta fin troppo fragile e ben al di sotto delle necessità. Lo sforzo che pare si voglia compiere è ancora una volta verso il settore produttivo e ben venga se ci saranno assunzioni di responsabilità chiare da parte degli imprenditori privati. Ma non basta. La inconsistenza perdurante della domanda interna lo dimostra: fino a che non metteremo in conto un po’ di inflazione da salari e pensioni difficilmente la situazione si schioderà.