Arriva la crescita. Dei tagli (sociali)

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-di ANTONIO MAGLIE-

La “rivoluzione dei paesi mediterranei” è già finita. Non è stato necessario l’intervento dei carri armati perché a fermarla sono state sufficienti le battute di Wolfgang Schaeuble (“Quando i leader socialisti si riuniscono non viene fuori nulla di intelligente), le dichiarazioni di Pierre Moscovici commissario europeo agli affari economici (ci ha comunicato che la “tolleranza” nei confronti dei nostri conti è finita) e quella specie di discorso sullo stato dell’Unione di Jean Claude Junker che ha liquidato tutto con la definizione di “flessibilità intelligente” dove il tasso di intelligenza viene definito dai suoi burocrati al servizio del capitalismo finanziario globale.

Matteo Renzi e il ministro dell’economia Piercarlo Padoan, secondo i tam tam comunicazionali (che in questi casi non sbagliano mai perché in Italia il governo dell’economia è sempre lo stesso da ormai molti decenni), sarebbero impegnati su un solo tipo di crescita: quella dei tagli, partendo dai settori più sensibili, cioè più sociali, come la sanità, già piegata abbondantemente alle necessità di bilancio con la conseguenza che molti in Italia (soprattutto fra i più anziani con rarefatte disponibilità economiche) rinunciano alle cure perché troppo costose (e secondo Susanna Camusso anche sul fronte della manovra pensionistica mancano ancora le coperture, d’altro canto la revisione del Pil ha cancellato di botto cinque miliardi). Renzi, ovviamente, nega correndo a perdifiato ai microfoni della Rai. Ma tutti sanno che i conti non tornano (lui stesso ammette che non vanno bene perché il Pil crescerà meno dell’1 per cento), che Bruxelles non è in vena di regali e che i tedeschi dei suoi inviti a rispettare le regole sul surplus commerciale se ne strafregano come hanno sempre fatto in passato e sempre faranno in futuro.

Qualcuno, forse, si era illuso. L’Europa non cambia rotta, nonostante il trionfo delle destre anzi, soprattutto a causa del trionfo delle destre che induce i leader conservatori ad arroccarsi ancora di più per rassicurare l’elettorato in uscita mentre gli impauriti e inconsistenti leader di sinistra mostrando subordinazione culturale, cercano di frenare l’emorragia di consensi piegandosi sempre di più alle teorie liberiste così rimediando sonore sconfitte come quelle dei socialdemocratici tedeschi alle ultime parziali elezioni; nonostante il sentimento di rifiuto nei confronti di una costruzione europea in cui ha prevalso ormai definitivamente il liberismo asociale e finanziario, tra diktat ridicoli che convincono solo chi li lancia (il no alla Brexit ripetuto in tutte le salse dalla Merkel e da Junker nella totale indifferenza; adesso gli “avvertimenti” dei soliti noti accompagnati dalle vere e proprie minacce delle poco credibili agenzie di rating rivolte agli italiani a proposito del referendum costituzionale).

La gita a Ventotene di Renzi, Merkel e Hollande non è servita a nulla, d’altro canto la distanza da quelli che erano gli ideali ispiratori del famoso manifesto sono stati sottolineati dal luogo in cui l’incontro si è svolto: una portaerei. In sostanza, era solo scena.

Fuori dalla rappresentazione resta un quadro di desolazione: uno Stato, l’Italia, che non investe più e si consola raccattando qualche investimento dall’estero che come arriva nel giro di qualche anno andrà via lasciandoci più poveri di prima; uno stato sociale che viene smontato pezzo dopo pezzo a ogni legge di bilancio; esportazioni che crescono poco perché nel frattempo per via delle sanzioni siamo obbligati ad astenerci dal commercio con alcuni paesi; una domanda interna ferma perché i salari da anni, da molti anni non crescono e non si capisce bene chi dovrebbe acquistare i prodotti delle tante aziende che lavorano solo per il mercato interno; una struttura produttiva ormai polverizzata in una miriade di piccole imprese che non fanno innovazione e ricerca mentre quelle un po’ più grandi e innovative vengono sempre più cannibalizzate dalle grandi multinazionali straniere. Ormai è evidente: non saranno queste leadership a salvare dalla morte il sentimento europeo, già da diversi anni in rianimazione.

antoniomaglie

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