Pensioni: negoziato in piedi, accordo lontano

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-di SANDRO ROAZZI-

Le carte al tavolo sulle pensioni si scoprono ma non del tutto. Il 21 settembre probabilmente lo scenario sarà più completo, tenendo conto del fatto che sarà poi il Parlamento a valutare il tutto. Accordo? Per ora di intese formali come quelle del passato non se ne parla. Potrebbe però farsi strada un giudizio articolato (con un gradimento ancora da scoprire) sindacale sulle soluzioni prospettate che terra’ conto anche delle risorse messe a disposizione.

Ad esempio fra le questioni ancora in ballo c’è quella dei lavoratori precoci (costerebbe molto, forse un miliardo) , mentre anche l’allargamento della platea dei lavori usuranti appare ancora problematico, pur se potrebbe esserci un allentamento degli attuali vincoli. Così come sembra certa la ricongiunzione gratuita dei contributi dal prossimo anno con i diversi Enti previdenziali interessati chiamati a calcolare il periodo di propria competenza che tenga conto dei contributi accantonati dal lavoratore sia con il sistema retributivo che con quello contributivo.

Il nodo più emblematico resta quello dell’Ape che si far come ha anticipato Nannicini a partire da coloro che hanno 63 anni (e sette mesi o no? Da vedere) permettendo di anticipare il momento della pensione fino ad un massimo di 3 anni. Per i disoccupati e con un basso reddito gli oneri (“rate” e assicurazione) del meccanismo dovrebbero essere coperti dallo Stato interamente, mentre per chi ha perso il lavoro ma possiede un reddito più elevato si sta pensando ad un bonus, forse attorno ai 250 euro, che riduca l’eventuale onere. Per coloro che invece intendono volontariamente lasciare il lavoro gli oneri ci saranno sicuramente e dovrebbero variare (fino ad un massimo del 15% per l’anticipo di tre anni?).

Ma non è ancora tutto chiaro visto che le soluzioni dovrebbero contenere regole flessibili e quindi in grado di graduare e ridurre gli oneri fino… a personalizzare il più possibile le decisioni del lavoratore. Resta da vedere se questa sperimentazione, perché di questo si tratta, potrà avere successo o finirà per ripercorrere la strada dell’utilizzo del tfr finito nel dimenticatoio. In questo caso cadrebbe anche la speranza di creare posti di lavoro disponibili per i giovani.

Ci sarà invece un impegno per le pensioni in essere. Con un meccanismo, la estensione della 14ma, che ricorderà gli 80 euro. Che sia un intervento fondamentale non è solo per un problema di equità ( hanno calcolato che in dieci anni le minime sono aumentate della miseria di circa 82 euro…) ma per dare una mano a rianimare i consumi e l’economia che produce per l’interno. Specie in un momento che, come sostiene il Ministro Padoan, non potra’ vedere l’ attuazione della riforma IRPEF. Insomma sembra di capire che la parola d’ordine sia… si fa quel che si può… Che il tutto sia equo, risolva definitivamente i pasticci della legge Fornero però ancora non si può dire. Mentre appare positivo che il coinvolgimento sindacale prosegua fino all’arrivo del percorso. E, a quanto pare, tenendo conto delle posizioni di Cgil, Cisl e Uil. Basterà?

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