-di SANDRO ROAZZI-
Settembre in arrivo fa salire l’attesa per le decisioni che daranno un volto alla legge di stabilità. E si torna a sussurrare che si sta valutando un taglio di circa 4 miliardi del “tesoretto” di agevolazioni fiscali che ammonterebbe complessivamente, come è noto da tempo, alla bella cifra di oltre 254 miliardi con oltre 700 voci di quella che qualcuno ha battezzato una vera e propria erosione fiscale delle entrate pubbliche. La scelta sulle voci da “rifilare” finora ha consigliato di rinviare interventi in materia, malgrado ricognizioni circostanziate che hanno sviscerato ogni singolo pertugio.
Ci provò Giarda, poi una Commissione presieduta da Vieri Ceriani con un lavoro approfondito… ha proposto un rapporto che ancor oggi sembra sia tenuto in considerazione a Palazzo Chigi. Va solo ricordato che in particolare le agevolazioni in odor di… forbici si sono ulteriormente gonfiate per circa 6 miliardi. Un calcolo della Corte dei dei Conti, tanto per dare una misura del fenomeno, ha segnalato che nel periodo della crisi 2008-2015 senza le agevolazioni in vigore le entrate fiscali sarebbero cresciute del 28%, con effetti non marginali sull’indebitamento netto.
Il problema del taglio delle agevolazioni però quando si scende sul terreno delle decisioni si fa inevitabilmente arduo, perché molte di esse riguardano le famiglie (IRPEF in primo luogo), il lavoro e le imprese. Più di 100 miliardi vanno ai nuclei familiari in vario modo, alle imprese più di 31, mentre l’Iva (i cui aumenti il Governo vuole scongiurare) vale certamente più di 40 miliardi. Se poi si considera che le prime 10 voci delle agevolazioni, il più di valore sociale, assorbono una grande fetta dell’intera torta si può ben capire l’imbarazzo nell’usare le forbici che si paralizzano di fronte alle questioni di equità, consenso sociale e di progressività nel prelievo.
Ed allora? Una scelta stavolta pare proprio imporsi. I soldi servono. La flessibilità che arriverà da Bruxelles potrebbe essere, malgrado la disponibilità, una coperta troppo corta. Forse una via ci sarebbe, si mormora da tempo. Alle imprese nel 2018 il Governo ha promesso meno Ires, in questo periodo le ha colmate di attenzioni nella speranza di veder ripartire gli investimenti, finora restata tale. Ed allora perché non… razionalizzare le agevolazioni previste per questo settore che comunque sarà gratificato di future riduzioni fiscali?
Altrimenti non c’è altra via che colpire ancora i cosiddetti ceti medi, scelta oltremodo impopolare. In questo caso si andrebbe per esclusione, visto che si vocifera di aumento delle pensioni minime e di interventi a favore dei lavoratori anziani senza lavoro e che comunque non si vogliono penalizzare le famiglie con redditi bassi gia’ provate dalla crisi. Probabilmente sarà questo uno dei nodi più intricati da sciogliere. Ma ineludibile, se il Pil continuerà a segnare il passo aggravando uno dei parametri “sacri” dell’Europa, il rapporto fra deficit e Pil. L’ora del taglio delle agevolazioni sta per scoccare