Figli più poveri dei padri: altro “record” italiano

giovani

La maggior parte delle persone che sono cresciute nelle economie avanzate a partire dalla fine della seconda guerra mondiale sono state in grado di vivere meglio dei loro genitori. Per sessant’anni, questa tendenza è stata confermata dai fatti: ad eccezione di una breve pausa nel 1970, la sostenuta crescita economica e dell’occupazione globale ha consentito a tutte le famiglie di contare sull’aumento del reddito. E ancora tra il 1993 e il 2005, tutti tranne il due per cento di famiglie delle venticinque economie più avanzate, hanno visto aumentare il proprio reddito in termini reali.

Questo trend del reddito estremamente positivo si è bloccato. Un nuovo rapporto McKinsey Global Institute (“Più poveri dei loro genitori? Una nuova prospettiva sulla ineguaglianza dei redditi”) rileva che tra il 2005 e il 2014, i redditi reali in quelle stesse economie avanzate erano fermi o si erano addirittura ridotti per il 65/70 per cento delle famiglie; in termini assoluti, un fenomeno che ha coinvolto tra i 540 e i 580 milioni di persone. 

I risultati dell’indagine forniscono, a parere della McKinsey, una nuova prospettiva al dibattito che si è sviluppato nelle economie avanzate a proposito delle disuguaglianze di reddito. L’istituto afferma che fino ad ora questo dibattito si è in larga misura concentrato sulla dimensione dei guadagni che hanno finito per premiare in maniera sproporzionata i redditi più alti. Per la McKinsey, invece, il forte aumento della percentuale di famiglie in fasce di reddito che non stanno più crescendo, sono la spia di un fenomeno che colpisce persone in tutte le aree sociali. E i più colpiti sono i giovani e i lavoratori meno istruiti: ciò induce a pensare che stia crescendo una generazione condannata a essere più povera dei propri genitori.

La recessione e la lenta ripresa dopo la crisi finanziaria globale del 2008 hanno fornito un contributo significativo a questa situazione, ma altri fattori di lungo periodo hanno giocato un ruolo e continueranno a giocarlo. Essi comprendono: le tendenze demografiche che accentuano i fenomeni di invecchiamento; la riduzione dei nuclei familiari; i mutamenti intervenuti nel mercato del lavoro con la continua riduzione della quota di Pil destinata ai salari.

L’impatto economico e sociale di questa tendenza negativa è potenzialmente dirompente. Un sondaggio che la McKinsey ha condotto rileva come parte un numero significativo di coloro i cui redditi non sono aumentati o sono addirittura diminuiti hanno perduto fiducia nel sistema economico globale: quasi un terzo pensa che i propri figli vedranno evolvere in futuro la propria condizione economica in maniera molto lenta esprimendo contemporaneamente valutazioni negative sul libero scambio e l’immigrazione. Questa sarebbe anche la molla che spinge verso l’alto i consensi dei partiti genericamente definiti populisti, guidati da demagoghi alla Trump.

Se la bassa crescita economica dell’ultimo decennio dovesse continuare, nei prossimi dieci anni la percentuale di famiglie attestate in segmenti di reddito piatti o in caduta potrebbe salire fino al 70 al 80 per cento. Ma anche se la crescita economica dovesse accelerare il problema non scomparirebbe: la percentuale di famiglie colpite potrebbe diminuire del dieci, venti per cento, ma la situazione potrebbe peggiorare se la crescita è dovesse essere accompagnata da una rapida diffusione dell’ automazione sul posto di lavoro.

Ma è andando nel dettaglio di quei venticinque paesi analizzati da McKinsey che le sorprese diventano per noi ancora più sgradite e sono la testimonianza della sostanziale inazione dei nostri governi nel fronteggiare con misure adeguate questa potente spinta all’ineguaglianza che si è sviluppata nell’ultimo decennio. Infatti, nella “classifica” della McKinsey. In Italia il 97 per cento delle famiglie a partire dal 2005 ha visto rimanere stagnante il proprio reddito o lo ha visto addirittura diminuire. E questo in assenza di politiche di sostegno adeguate e strutturali. Infatti, laddove sono state adottate delle contromisure, qualche risultato è stato ottenuto: negli Stati Uniti, infatti, la percentuale si è “fermata” all’81 per cento, in Gran Bretagna e Olanda è stata “contenuta” al 70 per cento, in Francia è andata meglio, 63 per cento. Le conseguenze della diseguaglianza sono state meno drammatiche in quei paesi in cui lo stato sociale è più forte, dunque la Svezia dove “soltanto” il 20 per cento delle famiglie non ha visto ristagnare il proprio reddito o ne ha subito la diminuzione. E, d’altro canto, come ha spiegato in un altro intervento in questo Blog Enzo Russo, da troppi anni a questa parte si seguono in Italia politiche economiche a dir poco dissennate.

fondazione nenni

Via Alberto Caroncini 19, Roma www.fondazionenenni.it

Rispondi