C’è chi corre per la Casa Bianca e chi 42 anni fa ne uscì

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-di VALENTINA BOMBARDIERI-

L’8 agosto 1974 il repubblicano Richard Nixon si dimise dalla carica di Presidente degli Stati Uniti d’America in seguito allo scandalo Watergate. Non era mai accaduto prima e non è mai successo dopo di lui che un capo dello Stato lasciasse il proprio incarico prima della scadenza del mandato.

Richard Nixon era un politico privo di carisma, seppur abile e ambizioso. Nel 1968 entrò alla Casa Bianca per la prima volta. Una campagna elettorale passata alla storia per quanto dispendiosa e attenta. Nixon vince a mani basse, gli americani erano reduci dalla disastrosa guerra in Vietnam, sotto la presidenza di Lyndon Johnson. L’avversario era Hubert Humphrey, che con il suo scarso appeal gli spiana la strada verso la vittoria.

La notte del 17 giugno 1972 furono arrestati cinque uomini che erano entrati all’interno degli uffici di Washington, dove si organizzava la campagna elettorale e la raccolta fondi per il Partito democratico. Stavano cercando di riparare alcune cimici piazzate in precedenza per spiare l’attività del comitato elettorale. Seguirono due anni d’indagini giudiziarie, di polemiche politiche, d’inchieste giornalistiche del Washington Post. Fu proprio grazie a due giornalisti, Woodward e Bernstein, che si scoprì che non solo Nixon sapeva, ma aveva anche partecipato attivamente ai tentativi di insabbiare il caso e deviare le indagini. Una commissione del Senato avviò un’inchiesta con sedute pubbliche. Durante una udienza, fu rivelato che tutte le conversazioni avvenute nella Sala Ovale erano registrate. Il procuratore speciale (special prosecutor) Archibald Cox chiese allora alla Casa Bianca di avere i nastri: potevano essere la prova che il presidente non era coinvolto e diceva la verità. Nixon si oppose, in nome del principio del “privilegio dell’esecutivo”. Il 24 luglio 1974 la Corte suprema degli Stati Uniti respinse all’unanimità la richiesta del presidente di far valere il “privilegio dell’esecutivo” e ordinò di consegnare i nastri al procuratore speciale.

In questi nastri vi era registrata una conversazione del 28 giugno (la cosiddetta “pistola fumante”) in cui Nixon e il capo staff della Casa Bianca discutevano un piano per ostacolare le indagini, facendo in modo che la Cia facesse credere all’Fbi che i nastri riguardavano la sicurezza nazionale, dunque non potevano essere resi pubblici. Nixon capì di essere spacciato e consegnò i nastri. Si dimise subito dopo che il Congresso fu convocato per votare l’impeachment, prima che potesse destituirlo e metterlo in stato d’accusa.

L’8 agosto lasciò la Casa Bianca pronunciando in diretta tv il discorso in cui affermava: “Non sono mai stato uno che molla. Lasciare il mio incarico prima della fine del mandato è qualcosa che mi ripugna, ma come presidente devo mettere davanti a tutto gli interessi del Paese. […] Continuare la mia battaglia personale nei mesi a venire per difendermi dalle accuse assorbirebbe quasi totalmente il tempo e l’attenzione sia del presidente sia del Congresso, in un momento in cui i nostri sforzi devono essere diretti a risolvere le grandi questioni della pace fuori dai nostri confini e della ripresa economica combattendo l’inflazione al nostro interno. Ho deciso perciò di rassegnare le dimissioni da presidente con effetto a partire dal mezzogiorno di domani.”

Ma le vicende giudiziarie per Richard Nixon non erano finite: dopo le sue dimissioni, e di quelle del suo vice Spiro Agnew, solo una decisione del suo secondo vicepresidente, Gerald Ford, gli concesse la grazia presidenziale, ponendo fine al rischio di procedimento giudiziario contro di lui.

 

Valentina Bombardieri

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