Cattolici e musulmani, una “domenica particolare”

Papa

-di ANTONIO MAGLIE-

Erano gli anni Settanta quando un gruppo musicale italiano cantava una canzone dai toni pacifisti: “mettete dei fiori nei vostri cannoni”. E nel 1974 un dittatore, Antonio Salazar, venne spazzato via in Portogallo da una rivoluzione pacifica. Ricordi lontani e immagini fotografiche sbiadite: con i garofani, appunto, infilati nelle canne dei fucili. A volte la risposta più dura è quella che si affida alla ragione e alla non violenza; che si alimenta di gesti apparentemente innocui ma così forti dal punto di vista simbolico da poter contribuire a cambiare l’ordine delle cose. La comunità islamica ha deciso di negare la sepoltura ad Adel Kermiche, il terrorista che, nei pressi di Rouen, ha ammazzato il sacerdote Jacques Hamel. Una scelta accompagnata dalla mobilitazione, in Francia e in Italia delle comunità islamiche: pregheranno nelle chiese insieme ai cattolici. “Un messaggio di unità contro il terrorismo”, dice l’Imam di Firenze, Elzir.

Da Nord a Sud la giornata di domani sarà caratterizzata da una presenza discreta: delegazioni musulmane accanto ai sacerdoti cattolici. Tutti in preghiera per la pace perché, come dice Papa Francesco, quella che stiamo combattendo è una guerra di interessi non una guerra di religione. Queste ultime nei secoli passati sono state una costante nella nostra storia: non abbiamo bisogno di risvegliarle con buona pace delle Le Pen (Marine e Marion) e degli emuli tricolori (Salvini). Angelo Bagnasco, presidente della Cei, sottolinea: “Siamo molto grati per questa risposta forte, tempestiva e chiara”.

A Vicenza il Coreis sarà presente con il suo portavoce alla messa che si volgerà nella Casa delle suore Orsoline; a Napoli alla funzione che si terrà nella cappella del tesoro di San Gennaro nella Cattedrale, parteciperà una delegazione della Confederazione Islamica; a Vasto, invece, parteciperanno alla messa nella Concattedrale di San Giuseppe; a Piacenza l’appuntamento è al Duomo; a Trento in Cattedrale ci sarà l’Imam. E poi a Brescia, a Sondrio, a Genova, a Ventimiglia, a Cesenatico, a Novara; in Emilia le organizzazioni islamiche hanno lanciato un appello ai musulmani a partecipare in segno di solidarietà alle messe; a Martina Franca, in provincia di Taranto alla funzione nella Cattedrale di San Martino si presenterà al completo la comunità straniera dei richiedenti asilo.

Pur con qualche contraddizione e disdicevoli distinguo, le organizzazioni musulmane, troppo spesso silenti, hanno deciso che è venuto il momento di alzare un argine. Anche perché è tra gli islamici che gli attentati dell’Isis hanno mietuto il maggior numero di vittime. Il terrorismo è cieco: non fa differenza tra chi legge il Vangelo, la Torah o il Corano; non esistono “attentati intelligenti” che risparmiano gli amici e ammazzano i nemici. Ma soprattutto i principi religiosi riguardano lo spirito, non sono munizioni da utilizzare per armare i kalashnikov. Troppo spesso gli eserciti hanno marciato in nome di Dio o di un dio. Sulla fibbia dei cinturoni della Gestapo si leggeva: “Dio è con noi”. Ma era un Dio cieco. O, comunque, inconsapevole dell’uso che del suo nome facevano quegli uomini che poi sterminavano sei milioni di ebrei. Questo è un primo segno. Ma la speranza è che vada oltre l’emotività del momento, generando una solida barriera culturale. Perché nella società laica, “neutrale” come diceva Norberto Bobbio, nei confronti delle religioni, tutti possono vivere e convivere.

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