La “democrazia competente” contro il popolo?

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-di MAURIZIO BALLISTRERI-

Uno dei temi politici che Brexit ha proposto è il disprezzo per la democrazia e per il voto del popolo, esplicitamente affermato in Italia da uomini delle istituzioni come Giorgio Napolitano e Mario Monti e da uomini di cultura come Roberto Saviano, riecheggiando gli strali di un ministro liberale della Francia di metà Ottocento, François Guizot, contro il ”governo degli ignoranti”. Un aggiornamento in chiave borghese della visione platonica che divide la società nelle tre classi dei governanti-filosofi, dei guerrieri e dei produttori (contadini e artigiani), necessarie allo Stato, il cui governo spetta ai filosofi, i quali “conoscono un po’ di quell’essenza che perennemente è e che non subisce le vicissitudini della generazione e della corruzione”.

C’è in questo disprezzo la proposizione della cesura tra la società del merito (per discendenza e per censo) e quella dell’uguaglianza che si è inverata con il suffragio universale, con cui i ceti più poveri e meno acculturati, a causa della loro condizione, impedirebbero le scelte “illuminate”.
Siamo nel campo di quella che i politologi chiamano “teoria sistemica”, i cui sostenitori ritengono che la democrazia non serva ad esaltare la partecipazione alle scelte pubbliche ma solo alle procedure per realizzare quelle migliori, nella visione delle classi “scelte”. In questa prospettiva, definita “democrazia competente”, e che richiama quella “rivolta delle élite contro la democrazia”, maturata studiando gli anni del reaganismo dal politologo americano Christopher Lasch, sulla base dell’affermazione della “società di mercato” contro la democrazia egualitaria e redistributiva, il cui paradigma potrebbe essere Liza Minelli che canta Money gets the world go round nel film “Cabaret”: “il denaro fa girare il mondo”. Ci sono tutti gli elementi di Ortega y Gasset contenuti ne “La ribellione delle masse”, con la descrizione delle minoranze elitarie, che soccombono sotto la pressione di un’umanità irresponsabile, non è legata ad alcuno schema sociale, che determina il corso degli eventi.

Per i sostenitori della “democrazia competente” è stato un errore volere il referendum in Inghilterra su Brexit, perché il popolo (specie gli operai e i disoccupati delle periferie) non poteva comprendere quale fosse la scelta giusta, il Remain, sostenuto dalle classi agiate e da quelle più colte, con la contrapposizione tra i giovani, filo-europeisti, e gli anziani per l’uscita dall’Unione europea; e c’è in questa polemica contro gli anziani una sorta di razzismo biologico, che vorrebbe eliminarli dalla società, poiché ritenuti un peso sociale ed economico, incapaci nelle loro scelte politiche di comprendere cosa sia giusto; alla memoria viene un romanzo di Lidia Ravera dal titolo “Gli scaduti”, in cui si descrive un’Italia europea di un futuro prossimo, in cui il Partito Unico, che ha preso il potere in nome dei trenta/quarantenni, stabilisce, per legge, il ritorno a una società “naturale”, in cui le generazioni, invece di accavallarsi, tornino a susseguirsi, in buon ordine. A trent’anni si coprono le posizioni di comando, a sessanta, si viene ritirati e come si legge nel romanzo soppressi, anche se nel nostro Paese, grazie alla Fornero, si va in pensione a quasi 70 anni! Sembra di sentire gli echi della “rottamazione “renziana” e, più indietro nel tempo, il grido “giovinezza giovinezza, primavera di bellezza” delle camice nere del fascismo.

Attenzione però a quelle che Marx definiva, citando Hegel, “le dure repliche della Storia”, con il voto inglese sulla Brexit e, probabilmente, la ripetizione delle presidenziali in Austria, che rappresentano una sorta di segnale del popolo contro le caste, economiche, finanziarie, tecnocratiche e politiche, che è in atto sostenuto da leaders come Trump negli States, Boris Johnson in Inghilterra, Kaczynski in Polonia, Orban in Ungheria, Le Pen in Francia e i Cinque Stelle in Italia, facendo sì che, come acutamente ha osservato il sociologo francese Marc Lazar, dopo l’800 dei parlamenti liberali e degli Stati-nazione, il ‘900 dei totalitarismi contrapposti alle democrazie dei partiti di massa, il XXI secolo sia l’epoca dei nuovi populismi.

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