Calcio, le passioni annegano nei quattrini

 

image.jpeg

-di SANDRO ROAZZI-

A guardare l’Europa con gli occhi del calcio, questo nostro Vecchio Continente sembrerebbe essere la terra dell’oro. Il calcio mercato sforna trasferimenti da favola attorno ai 100 milioni di campioni più o meno celebrati ed ingaggi da Mille e una notte. Ma questo fiume di soldi a guardar bene arriva in molti casi, non la Juve per la verità, da Paperoni extraUe per lo più detentori a volte di nebbiose ricchezze. Mentre solo per parlare di noi italiani ci sono cinque milioni di poveri e un esercito di migranti privi di tutto fuorché della speranza. Questa girandola di soldi è francamente poco digeribile ed in alcuni casi si presta a valutazioni etiche che non fanno onore a chi le provoca. In un certo qual modo potrebbe perfino essere legittimamente condannata come uno schiaffo in faccia alla miseria, viste le necessità di un mondo che fra guerre e recessioni sta esaltando le diseguaglianze e la lugubre cultura della morte.

In realtà il fenomeno che sta prendendo piede è perfino curioso: in Francia i campionati li ha già vinti prima di giocarli il Paris St. Germain che poi in Europa paga pegno , in Germania svetta il Bayern, in Italia dopo la pirotecnica campagna acquisti della Juventus il verdetto pare scontato, alla francese. Più fortunati gli spagnoli che hanno il dilemma perenne, con qualche incursione a sorpresa, Real-Barcellona. Tutto il resto fa parte di illusioni destinate a spegnersi nella corsa per le posizioni di rincalzo.

In questo contesto parlare di tradimenti pare ridicolo, gli ingaggi faraonici hanno seppellito da tempo le… bandiere. Resta da chiedersi se questo calcio è in grado ancora di suscitare passioni autentiche. Il dubbio è lecito. Negli anni Venti, nel ciclismo, Alfredo Binda campionissimo indiscusso fu pregato alla vigilia di un Giro di Italia di farsi una vacanza… retribuita. Accettò da uomo intelligente che non voleva fare la figura del campione antipatico riducendo la favola epica del Giro a pura noia. Lezione che vale anche per il calcio di oggi? Forse non proprio ma l’esigenza di un drastico ridimensionamento esiste. Il calcio come ogni sport vive di incertezze, di imprese, anche di giovani campioni nostrani che possono mettersi in mostra. E di gigantismo purtroppo. Scegliere il primo modello vuol dire rifondare con il realismo di tempi complessi, il secondo andrebbe invece ridimensionato anche perché stride con la difficile realtà sociale del Paese. Chi ci salverà? Come sempre i gol, la loro magia.

fondazione nenni

Via Alberto Caroncini 19, Roma www.fondazionenenni.it

Rispondi