-di SANDRO ROAZZI-
Ma dove è finita tutta questa paura di Brexit sui mercati? Recenti calcoli sostengono che nelle ultime tre settimane dopo il “botto” inglese i mercati hanno aggiunto ben 4500 miliardi di dollari, dimostrando di non essere certo alla…canna del gas. Una cifra che fra l’altro ridimensiona i periodici allarmi sulle perdite calcolate in qualche centinaio di miliardi e che assai spesso restano sulla carta. I 4500 miliardi invece no, fanno sorridere Wall Street e, magari un po’ meno, le borse asiatiche. Ma anche Londra a dispetto dei funerali annunciati si comporta come quella grande piazza di affari che è nel mondo.
Certo in Europa la crescita è modesta anche se negli Stati Uniti viaggia su un non fenomenale 2,5% (magari però avercelo noi in Italia) e le prospettive non appaiono delle migliori, a causa della debolezza politica dell’Unione più che dei fondamentali dell’economia reale. Il finanziere Soros in una intervista suggerisce addirittura all’Europa di trasformarsi in una associazione che potrebbe attirare anche l’uscente Gran Bretagna. Un circolo di eletti all’anglosassone magari dove decidere di volta in volta chi ha il pedigree giusto per entrare. Ma il Vecchio continente non ha bisogno di diventare un consiglio di amministrazione di una fondazione o di un circolo: sarebbe l’anticamera della disgregazione finale. Meglio tentare di rinverdire l’Europa dei popoli.
Il periodo non aiuta: il terrorismo sempre più apparentemente sregolato, la Turchia, il macigno dell’immigrazione. In più l’attesa per le elezioni americane preda sempre più del ciclone Trump. Una differenza sembra esserci e di fondo: la liquidità favorita dalla Fed, la banca centrale statunitense, garantisce migliori performance, quella a cui è ricorsa la Bce alla lunga rischia di evidenziare ancora di più le crisi bancarie e di non riportare l’inflazione a livelli accettabili. Per tali motivi l’autunno si preannuncia come un tempo di scelte difficili. L’Europa ha la necessità di alzare il tiro sulle questioni dalle quali dipende il suo futuro. Deve saper guardare in faccia la realtà e trarne le conseguenze per cambiare tutto quello che non va più. Ridando ruolo agli Stati ma per costruire, non per occultare perdite o per restare uguali a sempre. Altrimenti rischia grosso. L’Italia a questo punto dovrebbe scrollarsi di dosso la fama di anello debole e cercare alleati per sparigliare il tavolo. Ma se il governo Renzi ha in testa solo il referendum non andremo oltre le illusioni.