Striscione a Istanbul: “Vi impiccheremo tutti”

++ Turchia: striscione a Taksim, vi impiccheremo tutti ++

-di ANTONIO MAGLIE-

Sembrano immagini schizzate fuori da qualche vecchia registrazione. In Europa le avevamo quasi dimenticate. Ma il vento che spira dalla Turchia è decisamente freddo, balcanico. Un vento di vendetta che si alimenta con vari “ismi”: nazionalismo, integralismo, revanchismo. Tornano alla mente le pagine di Ivo Andric, del Ponte sulla Drina o delle Cronache di Travnik, quelle in cui il premio Nobel spiegava anche i motivi psicologici di certe spietatezze prodotte nell’area a cominciare dai famosi “impalatori”. Recep Tayyip Erdogan è stato capace di risvegliare tutto questo di trasformare un fallito colpo di stato (ma un ex ministro degli esteri ceco ha argutamente sottolineato che in realtà è perfettamente riuscito causando una profonda torsione nei principi democratici già notevolmente manipolati) in una sorta di vera e propria ordalia.


Ieri in una delle piazze simbolo di Istanbul, Piazza Taksim è comparso uno striscione a dir poco truce: “Feto (riferito a Fethullah Gulen, n.d.r.), cane del diavolo, impiccheremo te e i tuoi cani al vostro stesso guinzaglio”. Lo striscione, molto ampio, copriva buona parte del palazzo che ospita il centro culturale Ataturk (quasi un ultimo insulto al padre della moderna Turchia che avrebbe voluto, però, un paese laico). Ai lati, due gigantografie dell’attuale presidente che, con chiara evidenza, poco o nulla ha a che spartire con Mustafa Kemal.

La “piazza” (soggetto normalmente manipolabile) ha scelto: vuole la pena di morte. E come hanno detto tanto Erdogan quanto il suo premier, quello che i cittadini ordinano, loro provvedono a realizzare. Il vento gelido della reazione, scene che pensavamo fossero state cancellate in Europa e nelle zone a ridosso dell’Europa e che ambiscono (o ambivano) a entrare in Europa. L’assalto all’ultimo simbolo della democrazia occidentale, la libertà di stampa, il “sultano” lo ha lanciato oggi: ventiquattro tv e radio chiuse e trentuno accrediti ritirati ad altrettanti giornalisti turchi. Così la libertà muore, tra sventolio di bandiere, piazze militarizzate e striscioni che strumentalmente confondono la giustizia con la vendetta, il giudizio sereno ancorché severo con le condanne sommarie. Ha trionfato Erdogan: “espugnando” piazza Taksim, riempiendola con i suoi “miliziani” ha cancellato anche il ricordo di quei ragazzi di Gezi Park che sognavano una Turchia realmente democratica cantando e ballando al ritmo di “Bella ciao”.

antoniomaglie

Rispondi