Una montagna di crediti tributari che lo Stato non riesce a riscuotere; una tendenza ancora molto diffusa nel Paese e in qualche maniera agevolata dalle norme ad assumere comportamenti “sleali” nei confronti degli obblighi fiscali; una macchina contorta e farraginosa; un’evasione dell’Iva doppia rispetto alla media europea. Ecco in sintesi la fotografia dell’Italia delle tasse scattata da due rapporti commissionati dal Ministero dell’Economia. Uno lo ha redatto il Fondo Monetario Internazionale; l’altro l’Ocse. Vi presentiamo i capitoli più significativi dei due documenti.
IL RAPPORTO DEL FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE*
Il presente rapporto contiene alcune indicazioni riguardo alle priorità per rafforzare la governance e l’efficacia delle agenzie fiscali, focalizzandosi in particolare sull’amministrazione fiscale. Si affrontano specifiche questioni relative a (1) le strutture istituzionali dell’agenzia delle entrate e dell’agenzia delle dogane, tra cui l’autonomia e l’obbligo delle stesse di rispondere al MEF; e (2) il sistema di amministrazione fiscale, ponendo l’enfasi sull’identificazione di opportunità per migliorarne l’efficienza e la revisione dell’operatività delle agenzie fiscali.
Il sistema di amministrazione fiscale è costituito da molteplici enti; ciò richiede una stretta collaborazione e determina costi aggiuntivi. L’Agenzia delle Entrate (AdeE), responsabile dell’amministrazione tributaria, gestisce l’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), l’imposta sul reddito delle società (IRES) e l’imposta sul valore aggiunto (IVA). Amministra anche le imposte indirette sugli affari, l’imposta regionale sulle attività produttive e le addizionali regionali e comunali all’IRPEF. Tuttavia, vi sono altri enti che espletano funzioni fondamentali dal punto di vista dell’amministrazione fiscale – la riscossione dei debiti fiscali è ad opera di Equitalia, mentre le verifiche e le attività di indagine su frodi fiscali sono effettuate dalla Guardia di Finanza (GdF). Le accise sono invece amministrate dall’Agenziadelle Dogane (AdeD), mentre i contributi previdenziali (SSC) dall’lstituto Nazionale di Previdenza Sociale (INPS). LaSocietà Generale d’informatica S.p.A. (SOGEI), che riferisce direttamente al MEF, garantisce supporto informatico (IT) a tutti i succitati organismi. La SOSE – Soluzioni per il Sistema Economico Pubblico e Privato Spa, società partecipata del MEF, svolge attività di analisi strategica in materia tributaria.
Le entrate sono elevate ma i risultati della riscossione delle imposte principali presentano un andamento altalenante; l’efficienza della riscossione dell’IVA è bassa. Si fa grande affidamento sulle ritenute sul reddito da lavoro. Il gap IVA si è ridotto negli ultimi anni; tuttavia, con una percentuale del 30%, risulta ancora essere tra i più alti in Europa. L’efficienza IVA è tra le più basse in Europa e la gestione dell’imposta è debole.
Migliorare l’autonomia e la governance delle agenzie fiscali
Dal 2001 alle amministrazioni tributarie e doganali è stato conferito lo status di agenzie, operanti sotto l’egida del MEF, consentendo così un miglioramento in termini di modernità ed efficienza. Tale cambiamento rientrava nell’ambito di una più vasta riorganizzazione della pubblica amministrazione (d.lgs. 300/1999), in virtù della quale si sono costituite agenzie in seno ai ministeri. Questo nuovo status ha concesso una maggiore autonomia amministrativa e operativa all’agenzia delle entrate e all’agenzia delle dogane, unitamente ad una maggiore responsabilità nei confronti del MEF. Nel nuovo contesto così costituito, le agenzie hanno introdotto una serie di novità in molteplici settori: intensificando il ricorso all’IT a sostegno dell’adempimento spontaneo; ampliando la gamma dei servizi offerti; concentrandosi sui grandi contribuenti per salvaguardare le entrate; e introducendo l’analisi dei rischi nelle rispettive attività operative. Cfr. Sezione I.C.
Tuttavia, da allora, si è osservato un indebolimento del quadro di autonomia, che deve pertanto essere ripristinato.Successive modifiche di ordine giuridico hanno limitato l’autonomia delle agenzie fiscali sotto molti punti di vista… In particolare, il confronto tra l’AdeE e altre agenzie tributarie in Europa e nelll’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OECD) – dove i progressi nell’efficacia sono legati in parte ad una maggiore autonomia – risulta sfavorevole nei confronti della prima. Ristabilire l’autonomia sarà importante se le nuove strategie per favorire lacompliance del contribuente, che il governo sta perseguendo ad esempio con l’istituto della cooperative compliance, sono applicate correttamente. Queste strategie si basano su azioni ex-ante volte a promuovere la collaborazione volontaria, non solo sull’adempimento forzato ex post.
Il quadro di responsabilità delle Agenzie nei confronti del MEF appare molto dettagliato e dovrebbe avere un carattere più strategico. Il processo di definizione degli accordi tra le agenzie ed il MEF (convenzioni) è caratterizzato da un elemento distorsivo rappresentato da una impostazione operativa di tipo top-down — le convenzioni sono divenute veri e propri piani operativi annuali delle agenzie. Queste ultime, infatti, non sono state messe nelle condizioni di elaborare i rispettivi piani strategici per il medio periodo. Tale delega è fondamentale per consentire alle agenzie di identificare, programmare e attuare le principali misure di medio periodo finalizzate ad ottenere un miglioramento sostanziale dell’efficienza e dei risultati della riscossione. La Sezione I.D illustra brevemente le priorità di riforma dell’amministrazione fiscale e le sezioni II e III forniscono indicazioni dettagliate. Tali indicazioni sono sintetizzate qui di seguito.
Opportunità sostanziale di miglioramento della performance del sistema fiscale
Un approccio globale alla gestione della compliance dei rischi. La pianificazione operativa è condizionata in maniera distorsiva da un’impostazione focalizzata su input e output, tale da indebolire l’approccio nei confronti della gestione dellatax compliance dei rischi. I principali rischi di compliance – ad esempio in relazione agli HWI (High Wealth Individuals – Individui ad alta capacità contributiva) – non sono ancora stati affrontati in modo adeguato tramite piani di complianceefficaci. È necessario un approccio olistico alla gestione dei rischi del sistema fiscale, che preveda strategie di compliancemirate. La Sezione III.A contiene alcune indicazioni sulla formulazione di tale approccio.
Una ridefinizione della gestione dell’IVA. Le modalità di presentazione delle dichiarazioni IVA, del pagamento e della rendicontazione della stessa, limitano profondamente la possibilità di esercitare un controllo su tale imposta – ed indirettamente sulle altre imposte. L’assenza di una dichiarazione IVA periodica costituisce una delle maggiori lacune; l’IVA è un’imposta sulle transazioni ed un attento monitoraggio della sua auto-liquidazione deve essere effettuato con tempestività. Affidarsi esclusivamente alle informazioni relative ai pagamenti non è sufficiente. Rende, infatti, le procedure annuali maggiormente onerose e ritarda l’individuazione dei problemi di compliance e la risposta agli stessi. La Sezione III C contiene alcune indicazioni sull’approccio da adottare per la riorganizzazione di tale sistema.
Un rafforzamento significativo della riscossione dei debiti. L’accumulo dei debiti fiscali ha assunto proporzioni allarmanti; occorre affrontare con urgenza le questioni strutturali. Il ritardo nell’individuazione degli obblighi IVA, dovuto a un inadeguato sistema di presentazione delle dichiarazioni IVA, contribuisce ad un livello di riscossione insufficiente.
La suddivisione e la sovrapposizione delle verifiche e delle attività di indagine porta ad accertamenti non riscuotibili. I piani di rateizzazione, eccessivamente generosi, i limiti nella capacità di recuperare i debiti fiscali e la mancanza di disposizioni efficaci in tema di cancellazione (write-off), aggravano ulteriormente il problema del debito. La Sezione III D affronta tali questioni.
Il consolidamento delle funzioni di verifica e di indagine nell’AdeE. La frammentazione delle funzioni chiave dell’amministrazione fiscale tra le agenzie costituisce un ostacolo all’efficienza. Il principale problema è rappresentato dalla sovrapposizione delle attività di verifica e di indagine tributaria svolte dall’AdeE e dalla GdF, in quanto queste ultime hanno facoltà di agire in contemporanea. La Sezione III.E raccomanda una strategia di riforma.
È necessario valutare la possibilità di introdurre una maggiore semplificazione. Ad esempio, nel dichiarare le trattenute IRPEF e i contributi previdenziali da lavoro dipendente, i sostituti d’imposta sono tenuti a presentare dichiarazioni e ad effettuare versamenti sia presso l’AdeE che l’INPS, malgrado l’armonizzazione della base imponibile. La Sezione III. F affronta tale questione.
L’efficace attuazione delle riforme prioritarie sarà essenziale per ottenere miglioramenti nel medio-lungo termine. Queste riforme devono essere intraprese all’interno di un pacchetto coerente che richiederà cambiamenti sia nel quadro normativo sia nelle pratiche amministrative, che necessitano di tempo per realizzarsi. Miglioramenti sostanziali dell’efficacia dell’amministrazione fiscale saranno visibili nel medio-lungo termine, dopo una rigorosa attuazione di tali riforme. Il Box.1sintetizzza le principali raccomandazioni della missione.
* Capitolo introduttivo del rapporto sull’efficienza del sistema tributario italiano redatto su richiesta del Ministero dell’Economia dal Fondo Monetario Internazionale
IL RAPPORTO DELL’OCSE*
L’Italia è un paese con una pressione fiscale elevata e con un rapporto relativamente alto e stabile tra pressione fiscale e PIL. Inoltre i livelli di osservanza della normativa fiscale sono bassi. Numerosi sono stati i tentativi di quantificare il peso dell’evasione fiscale in Italia o il tax gap e dimostrano che i numeri sono indicativi. Preoccupante è il gap sull’IVA stimato al 30% nel 2013,2 superiore alla media europea EU26 del 15,2%. In passato ci sono stati molti condoni che hanno permesso di ottenere maggiori entrate fiscali ma hanno al contempo alimentato l’idea che il mancato adempimento alle norme fiscali potesse essere risolto con pagamenti d’importi inferiori rispetto a quanto dovuto. Questo sembra essere ormai superato e le recenti iniziative sull’adempimento collaborativo e i positivi risultati riportati, testimoniano questo cambiamento nell’approccio adottato.
C’è ora un’importante opportunità per riformare l’amministrazione fiscale in modo da razionalizzare le risorse, fornire servizi di alta qualità ai contribuenti e assicurare una maggiore compliance volontaria da parte dei contribuenti. Stando ai sondaggi svolti dall’associazione Confindustria alla fine del 2015, il 60% degli italiani è favorevole a rafforzare il contrasto all’evasione fiscale e pressoché un italiano su due (48%) reputa questa attività come prioritaria per il Governo, più importante rispetto alla riduzione del carico fiscale (che è una priorità per il 23% del campione), il taglio della spesa pubblica (15%) o del debito pubblico (12%). Rifacendoci al programma di riforma del governo, così come agli sviluppi a livello internazionale in materia di segreto bancario e al contrasto all’erosione della base imponibile delle grandi società (BEPS); i tempi sono definiti maturi per un’importante riforma dell’amministrazione fiscale in Italia.
Quest’opportunità si affianca con alcune sfide importanti. Come osservato sopra, L’Italia è caratterizzata da alcuni paradossi. E’ un paese con un’alta pressione fiscale e un basso livello di compliance. Gli sforzi per ridurre la non-compliance si sono concentrati storicamente sulle verifiche e i controlli, con il risultato che gli accertamenti, come riportato, sono spesso infruttuosi in assenza di una strategia generale tra i soggetti coinvolti nell’amministrazione fiscale nell’affrontare la questione in modo olistico. In linea con le ultime misure intraprese, come le comunicazioni ai contribuenti che non hanno presentato la dichiarazione IVA, c’è ora un’esigenza di riforme tese a produrre un cambiamento comportamentale significativo, sia da parte dei contribuenti sia dell’amministrazione fiscale. Gli accordi istituzionali e di Governance dovrebbero essere rivisti per assicurare un controllo politico più strategico dell’amministrazione fiscale, che dovrebbe andare di pari passo con l’autonomia delle agenzie. Un approccio più olistico dovrebbe essere introdotto per supportare e migliorare l’adempimento volontario dei contribuenti, garantendo nel frattempo che quelli inadempienti siano prontamente identificati e sanzionati. La riscossione dei crediti fiscali ha bisogno di essere modernizzata sulla base dei risultati positivi ottenuti, giacché la funzione è stata portata nella sfera pubblica. L’Information Technology, l’analisi dei dati e le semplificazioni amministrative possono e devono essere al centro degli sforzi di questa riforma.
In breve, ciò che serve è una riforma strutturale che si traduca in cambiamenti comportamentali da parte di tutti i soggetti interessati piuttosto che di cambiamenti puramente istituzionali. Una maggiore coerenza si realizzerà con una vigilanza strategica a livello ministeriale e con maggiore autonomia delle agenzie nell’attuazione di questa strategia. La prioritaria dovrebbe essere data allo sviluppo di una strategia per combattere la non-compliance, coordinando le Agenzie, la Guardia di Finanza ed Equitalia. Questa strategia dovrebbe combinare un approccio più rigoroso nei confronti dei contribuenti inadempienti adottando un approccio collaborativo verso quelli noti, in particolare per le imprese multinazionali.
Disposizioni istituzionali e di governo
Le funzioni dell’amministrazione fiscale in Italia sono frammentate in più organismi con alcuni ruoli e responsabilità che si sovrappongono. L’attuale amministrazione fiscale in Italia è caratterizzata dalla presenza di numerosi organismi, cui si applicano regole diverse, ad esempio in termini di status giuridico, obiettivi, prestazioni complessive e autonomia. Questi organismi sono: il Dipartimento Finanze, del Ministero dell’economia e delle finanze; l’Agenzia delle entrate; Agenzia delle dogane; la Guardia di Finanza, Equitalia (responsabile della riscossione dei crediti fiscali) e l’Istituto di previdenza sociale. I servizi di Information Technology (IT) sono forniti da Sogei, società privata di proprietà del Ministero dell’economia e delle finanze, mentre Sose, società privata di proprietà congiunta del Ministero dell’economia e delle finanze e della Banca d’Italia, fornisce servizi di consulenza e di ricerche statistiche. Chiaramente, il modello adottato dall’Italia comporta un approccio a matrice, con un’evidente necessità di forte coordinamento e leadership strategica. Tuttavia, il coordinamento tra i diversi organismi coinvolti nell’amministrazione fiscale dovrebbe essere rafforzato, e le decisioni sulle priorità potrebbero essere meglio allineate e gestite in modo più strategico. Tutti gli accordi in vigore tra soggetti dell’amministrazione fiscale italiana sono fortemente incentrati su lato operativo e che non ci sono appositi processi che coinvolgono tutti gli attori nel discutere periodicamente lo stato generale del sistema fiscale, identificare le priorità e le sfide immediate, fissare traguardi e obiettivi, e/o risolvere i problemi di coordinamento. In altre parole, non c’è nessuna supervisione strategica dall’alto che coinvolga tutti gli attori chiave e, di conseguenza, una strategia generale di fondo per migliorare l’efficacia dell’amministrazione fiscale.
Le Convenzioni esistenti tra il Ministero dell’economia e delle finanze e le Agenzie sono eccessivamente focalizzate sui prodotti, pregiudicando l’autonomia delle agenzie. Misuratori e indicatori di performance sono focalizzati all’interno piuttosto che focalizzati a misurare l’efficacia e l’efficienza del sistema complessivo. Focalizzando l’attenzione sul dettaglio dei prodotti, piuttosto che sui risultati, le convenzioni sono più operative che strategiche. Questo impedisce alle agenzie di definire il proprio piano operativo, incidendo sulla loro autonomia. Inoltre, gli obiettivi monetari, anche se non più incentivati nella Convenzione del 2015, rimangono importanti per il calcolo degli altri incentivi erogati al personale.Questo sembra valere, in sostanza, a seguito del decreto attuativo della riforma fiscale del 2014. Un’eccessiva enfasi sull’uso degli obiettivi di budget per i funzionari addetti al controllo fiscale può portare a una molteplicità di problemi per l’Agenzia delle entrate e in ultima analisi, per l’intero governo, senza necessariamente migliorare la tax compliance complessiva.
Alle due agenzie è stata via via sottratta l’autonomia in alcune aree chiave. Fin dalla loro istituzione, diverse riforme, tagli alla spesa e le sentenze hanno inciso sull’autonomia delle agenzie, nell’area finanziaria e nella gestione delle risorse umane (HRM). Nonostante l’ammontare delle risorse di ciascuna agenzia dovrebbe essere determinato in modo autonomo, in pratica questo è soggetto a una serie di tagli orizzontali, decisi dal Parlamento, che determina non solo i tagli ma anche come e dove dovrebbero essere applicati, limitando così l’autonomia finanziaria delle agenzie. Inoltre, gravi limitazioni riguardano l’autonomia delle agenzie in materia di assunzione e, ancora più preoccupante, sulle politiche di promozione interna. Allo stesso modo, il margine di manovra esistente nel determinare le retribuzioni del personale può essere severamente limitato in futuro.
Tax compliance
Gli sforzi per aumentare la tax compliance dei contribuenti e rendere più facile l’adempimento spontaneo hanno seguito un percorso coerente fin dalla creazione delle agenzie. La fornitura di servizi è diventata più efficiente e rispondente alle questioni endogene. Maggiore attenzione è stata posta a facilitare il contribuente al rispetto della normativa vigente. Al centro di molti di questi nuovi servizi è l’uso più efficace dell’IT, principalmente attraverso la fornitura di nuovi servizi on-line. La segmentazione e le moderne pratiche di valutazione dei rischi sono state introdotte nel corso del tempo da parte dell’Agenzia delle Entrate per lavorare in modo più efficiente. I risultati sono tangibili, il tax gap complessivo, per le imposte amministrate dall’Agenzia delle Entrate, è sceso da un picco di circa il 23% del 2004 al 18% – 99% nel 2013. Le recenti riforme legislative proseguono in questa direzione e hanno bisogno di essere accompagnate da un’efficace attuazione e applicazione. Allo stesso tempo, ci sono ancora ampi margini di miglioramento e alcune questioni chiave devono essere affrontate con determinazione.
L’impostazione attuale richiede un processo più strategico per identificare congiuntamente i principali rischi di compliance e le priorità, come questi rischi saranno affrontati e in che modo le risorse saranno assegnate a ciascun livello. In breve, vi è la necessità di una strategia olistica, coerente e coordinata o un piano per migliorare la tax compliance. Senza di questo, la frammentazione del lavoro si riflette in ogni singola istituzione, nella definizione delle priorità e semplicemente cercando di evitare sovrapposizioni. In definitiva, ciò che emerge, è una scarsa attenzione a una strategia globale che accresca il rispetto delle leggi fiscali, con i diversi organismi focalizzati principalmente sui prodotti da realizzare, piuttosto che sull’implementazione di un approccio nazionale incentrato sul miglioramento dei risultati. Le sovrapposizioni sulla gestione della compliance sono chiaramente una conseguenza dell’impostazione esistente. Ad esempio, vi è una duplicazione, in termini di valutazione del rischio, che è solo in piccola parte mitigata dalla condivisione delle informazioni tra le diverse istituzioni. Le sovrapposizioni di funzioni, in particolare tra le agenzie e la Guardia di Finanza, generano possibilità di avere opinioni divergenti e differenti approcci circa il modo con cui risolvere determinate situazioni. Questo può essere anche uno dei motivi per cui l’Italia presenta un notevole ritardo in termini di composizione delle controversie nell’ambito dei trattati fiscali bilaterali.
Consapevoli della percezione della dimensione del fenomeno dell’economia informale e di altre aree critiche di non conformità, evidenziate dalla ricerca sul tax gap dell’Agenzia delle Entrate, potrebbero essere messi in atto accordi istituzionali per facilitare la creazione di una strategia globale. Sebbene le metodologie utilizzate dall’Agenzia delle Entrate, nel fornire stime sul tax gap non siano state esaminate in dettaglio, esse potrebbero certamente essere impiegate per delineare, insieme con gli studi di settore, una strategia globale per affrontare la non conformità nell’economia informale. L’IVA è chiaramente una zona di non conformità radicata probabilmente anche a causa di problemi in materia di obblighi dichiarativi. Mentre i pagamenti IVA sono effettuati mensilmente, l’attività imponibile è resa nota al fisco solo annualmente. Nel complesso, richiedere ai contribuenti di fornire informazioni sull’ IVA annualmente, diversi mesi dopo la fine di un periodo d’imposta, genera consistenti tempi di attesa che favoriscono le frodi IVA e la non conformità, e ostacola gravemente un’amministrazione fiscale efficace.
Il programma di cooperative compliance (adempimento collaborativo) per i grandi contribuenti italiani attuato dall’Agenzia delle Entrate deve essere affiancato da una guida appropriata e chiarezza per quanto riguarda le competenze.I programmi operativi di compliance sono un modo efficace per generare cambiamenti nel comportamento, sia dei contribuenti che delle autorità fiscali, e quindi capaci di stabilire un rinnovato rapporto basato sulla fiducia reciproca e la trasparenza. Per raggiungere quest’obiettivo, il programma avrà bisogno di una leadership efficace, disponibile, che lavori a stretto contatto per alcuni anni. Tra gli aspetti più importanti, la necessità che le responsabilità all’interno dell’Agenzia delle Entrate, e in ciascun ruolo della Guardia di Finanza, in relazione a questo programma, siano chiaramente definite al fine di ridurre al minimo i rischi d’interruzione e di approcci incoerenti. La linea di demarcazione tra sanzioni penali e amministrative per certi comportamenti è adesso più chiara ma, restano alcune incertezze. Questo è un problema che interessa tutta la linea, in modo particolare nell’ambito del programma di cooperative compliance. Mentre è ormai chiaro, alla luce delle ultime modifiche legislative, che né le violazioni sui prezzi di trasferimento né i comportamenti abusivi dovrebbe far scattare una responsabilità penale, tuttavia non è il caso dei controlli che richiedono l’esistenza di una stabile organizzazione o la residenza fiscale in Italia (sebbene sia possibile richiedere in questi casi l’interpello anticipato).
Riscossione dei crediti tributari
L’ammontare del debito fiscale è eccezionalmente alto in Italia. Mentre la creazione di Equitalia ha aumentato l’efficacia del recupero dei crediti d’imposta nei suoi primi anni di attività, le prestazioni derivanti dalla riscossione non tengono conto del totale annuale del credito fiscale, ma tendono solo a ridurre gli arretrati degli esercizi precedenti, ciò significa che nel 2016 ci sono grandi margini di miglioramento della situazione esistente. Il totale del credito fiscale riferito delle agenzie, a partire dal settembre 2015, ha superato i 756 miliardi di euro (il valore totale dei crediti fiscali dati a Equitalia meno gli importi riscossi), un importo più o meno equivalente al totale delle entrate fiscali annuali in Italia per tutti i livelli dell’amministrazione. Ciò è probabilmente dovuto a diverse ragioni, ma principalmente al fatto che i crediti non riscossi non sono cancellati in modo sistematico. Inoltre, le questioni procedurali impattano notevolmente l’integrità del “magazziono” dei crediti fiscali. È stato riferito che circa 180 miliardi di euro dei crediti fiscali risultano in magazzino, a settembre 2015, sono crediti fiscali non in scadenza di pagamento. Ciò equivale a circa il 22% dello stock dei crediti fiscali dati a Equitalia dalle Agenzie e scende al 10% se si fa riferimento al 2010-2014. Debiti fiscali non ancora scaduti sussistono quando ad esempio una sentenza decide a favore del contribuente, nei casi in cui il debito fiscale è stato in realtà già pagato dal contribuente o per errori nella procedura di accertamento che ha portato all’emissione del ruolo. Inutile dire che la richiesta di pagamenti non dovuti inficia drammaticamente la fiducia dei cittadini nella correttezza e affidabilità dell’intero sistema fiscale.
I poteri di Equitalia nell’attività di recupero dei crediti fiscali sono stati progressivamente limitati da parte del legislatore.Mentre da un lato queste limitazioni sono state introdotte per sostenere i debitori in difficoltà finanziarie, d’altra parte hanno alimentato una cultura di “evasione da riscossione”, che aiuta a spiegare anche l’elevato stock di crediti non riscossi. In altre parole, alcuni contribuenti potrebbero riportare e dichiarare in modo appropriato ma poi decidere di non pagare e mettere in atto strategie per occultare la loro ricchezza. Le strategie di recupero dei crediti fiscali e gli obiettivi prioritari non sono sufficientemente basati sul rischio né mirati. Possibili strategie da adottare per rendere più efficace ed efficiente la riscossione dei crediti fiscali sembrano essere limitata dalla legge. La legge, infatti, impedisce attualmente che Equitalia dia la priorità alla riscossione di specifici crediti erariali, obbligandola, invece, ad elaborarli tutti, indipendentemente dalle possibilità di successo e dagli importi in discussione Questo rende l’attuale approccio alla riscossione dei crediti erariali orientato ai processi piuttosto che ai risultati, con conseguenze evidenti sulla sua prestazione generale e sul modo in cui viene percepito dai cittadini.
Raccomandazioni
Un certo numero di riforme fondamentali sono giustificate per affrontare le questioni di cui sopra. Anche se i dettagli variano, le prassi che sono state osservate nelle istituzioni che gestiscono le entrate, in economie avanzate, mostrano che le funzioni delle amministrazioni fiscali in questi paesi sono generalmente unificate in un unico ente che si occupa del processo entrate dall’inizio alla fine, questi enti godono generalmente di una sostanziale autonomia in tutte le aree chiave, in particolare per quanto riguarda le questioni finanziarie e nelle politiche di gestione delle risorse umane. Tuttavia, l’autonomia non significa indipendenza. Questi organismi riferiscono al Ministro delle Finanze e al Governo sotto il controllo del Parlamento, questo crea le condizioni per un approccio più strategico alla gestione del sistema fiscale in generale e favorisce anche uno stretto legame tra l’amministrazione fiscale e la funzione politica fiscale.
Avviare la creazione di una forma più unitaria di amministrazione fiscale in Italia è possibile, ma probabilmente sorgerebbero una serie di difficoltà. Molte delle istituzioni attualmente coinvolte nell’amministrazione fiscale svolgono anche altre funzioni, riflettendo un approccio più orizzontale in alcuni settori della pubblica amministrazione. Ad esempio, Equitalia riscuote anche i crediti per i comuni e altri enti semi-governativi, Sogei fornisce servizi IT anche ad altre istituzioni governative. Sose individua i “fabbisogni standard” anche per i comuni italiani. Inoltre, le istituzioni coinvolte nella gestione fiscale hanno uno status giuridico diverso e quindi sono soggette a regole diverse in termini di budget, retribuzione del personale e altri aspetti importanti. La portata dei cambiamenti da attuare potrebbe richiedere quindi molto tempo e risorse, valutare se tale riforma sia più o meno fattibile è al di fuori dello scopo di questa missione.
Tuttavia, sarebbe necessario che alcune questioni critiche fossero affrontate con urgenza. L’introduzione di un approccio più strategico alla gestione dell’amministrazione fiscale e il ripristino dell’autonomia delle agenzie sono giustificate allo scopo di garantire un miglior coordinamento generale. La soluzione rapida di questi problemi, insieme alla questione della sovrapposizione dei ruoli tra l’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza, nonché le questioni procedurali relative al processo di riscossione dei crediti tributari, genereranno probabilmente risultati immediati e tangibili. Sulla base di queste considerazioni, le raccomandazioni qui riportate riguardano gli aspetti istituzionali e di governance dell’amministrazione fiscale, insieme a raccomandazioni più mirate sulla tax compliance e sulla riscossione dei crediti fiscali.
* Secondo capitolo del rapporto sull’efficienza del sistema tributario italiano redatto dall’Ocse su richiesta del Ministero dell’Economia