La Spagna resta ingovernabile nonostante la moderata avanzata del Partito Popolare di Mariano Rajoy e la deludente tenuta dei socialisti di Pedro Sanchez che si consolano evitando il sorpasso di Podemos (il cui leader, Pablo Iglesias, ha definito il risultato “non soddisfacente”). La realtà, però, è che le nuove elezioni (le precedenti si sono svolte lo scorso dicembre) consegnano una situazione ancora una volta bloccata perché l’unica maggioranza possibile è quella basata sull’alleanza tra popolari e socialisti, prospettiva sconsigliata a questi ultimi da risultati che hanno ridimensionato, seppur di poco, la rappresentanza uscita dalla precedente consultazione (cinque seggi in meno).
I più delusi sembrano essere quelli di Ciudadanos, partito di centro-destra che smarriscono per strada rispetto alle elezioni precedenti ben 8 seggi, scendendo da quaranta a trentadue. Mariano Rajoy, probabilmente beneficiando dell’effetto Brexit, ha fatto il pieno dei seggi perduti da Ciudadanos e dai socialisti (cinque) ottenendo quattordici parlamentari in più. Il nuovo parlamento spagnolo, infatti, risulta così diviso: Partito Popolare, 33 per cento, 137 seggi (ne aveva 123); Partito Socialista Operaio 22,7 %, 85 seggi (ne aveva 90); Podemos (che questa volta si è presentato alle urne insieme a Izquierda Unida) 21,1 %, 71 seggi (come nella precedente consultazione, sommando i 69 del partito di Iglesias e i due di IU); Ciudadanos 13 %, 32 seggi (ne aveva quaranta). Il quadro è completato dai diciassette seggi degli indipendentisti catalani e dai cinque dei nazionalisti baschi. In tutto gli elettori spagnoli dovevano eleggere 350 parlamentari, il che significa che la maggioranza è di 176 seggi e nessun leader può contare su questa base minima di consensi. In queste condizioni non si può escludere una nuova consultazione elettorale fra tre, quattro mesi.