Via la Gran Bretagna. Europa sotto choc

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-di ANTONIO MAGLIE-

Era cominciata con gli opinion poll che davano la vittoria dei sostenitori della permanenza della Gran Bretagna nell’Unione Europea, in vantaggio netto (tra il 52 e il 54 per cento contro il 46-48), le borse euforiche (quella italiana guadagnava il 3,7 per cento), la sterlina ai massimi e Nigel Farage che appariva per primo in televisione per annunciare che la battaglia era stata vinta ma la guerra persa. E questa euforia è durata almeno sino all’una e trenta di notte. Poi sono arrivati i primi risultati, soprattutto quelli di Sunderland con una vittoria netta dei sostenitori dell’abbandono dell’Unione Europea e quelli di Newcastle, zona in cui i “remain” avrebbero dovuto trionfare abbondantemente e invece vincevano di stretta misura. Ancora una volta i sondaggisti britannici hanno sbagliato clamorosamente le previsioni.

E poco prima delle 6 del mattino, con le prime luci dell’alba, arrivava la conferma: David Cameron sonoramente sconfitto, Gran Bretagna fuori dall’Unione Europea per volontà di almeno il il 53,4% dei voti (15.188.406) a fronte del 46,6% andato al fronte del “Remain” (13.266.996 preferenze; alle urne erano stati chiamati 46,5 milioni di britannici), Farage che dichiarava il 23 giugno giorno dell’Indipendenza e le borse del mondo, a cominciare da quelle dell’Est asiatico, che crollavano una dopo l’altra. L’unione Europea si risvegliava con un membro in meno. Un membro che dentro c’è stato sempre a “mezzo servizio”. Cosa accadrà? Non è dato sapere. Certo il risultato del referendum britannico è la conferma del fallimento delle politiche seguite da Bruxelles negli ultimi anni, del crollo della sua immagine, della frattura che si è venuta a creare tra una organizzazione sempre più burocratica, sempre più dominata dagli interessi della finanza e sempre meno dalle necessità delle persone, sempre più succube dei diktat tedeschi. L’epilogo di un anno in cui il sogno dei Padri Fondatori è andato in frantumi, cominciato con la Grecia prossima alla “espulsione”, la crisi dei migranti gestita da Angela Merkel nel peggior modo possibile, il trionfo elettorale in numerosi Paesi (Francia compresa) delle forze politiche più euroscettiche e, alla fine, con il divorzio della Gran Bretagna.

A questo punto si aprirà una lunga fase di trattative. Ma il problema non sono i negoziati. Il problema è la capacità delle élites sino ad ora governanti di dare un senso nuovo a una Unione che nell’immaginario collettivo non sembra avere un senso, che ormai troppi, un po’ ovunque all’interno dei suoi ampi confini, considerano più matrigna che madre. Considerati i precedenti, non resta altro da fare che essere molto pessimisti perché difficilmente chi ha prodotto le condizioni per questo risultato referendario riuscirà a edificare le nuove su cui costruire un futuro diverso. Questo è uno choc. Come tutti gli choc può anche essere positivo, preannunciare una grande svolta. Le crisi possono essere una opportunità. Servono, però, le persone in grado di coglierle.

antoniomaglie

One thought on “Via la Gran Bretagna. Europa sotto choc

  1. Ho creduto nella casa Europa e continuo a credere che un’Europa dei popoli, un’ Europa diversa da questa sia possibile. Però mi risulta difficile nascondere la sottile soddisfazione pensando al Sig.Wolfgang Schaeuble che auspicava l’uscita della Grecia dalla zona euro e che ora si ritrova con la GB che cli sbatte sonoramente la porta in faccia.

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