-di ANTONIO MAGLIE-
Oggi si vota per i ballottaggi. Gli italiani chiamati alle urne sono 8 milioni 610 mila 142. Decideranno la guida di 128 comuni di cui sei capoluoghi di regione (Roma, Milano, Napoli, Torino, Bologna e Trieste). “In palio” anche quattordici province (Benevento, Brindisi, Carbonia, Caserta, Crotone, Grosseto, Isernia, Latina, Novara, Olbia, Pordenone, Ravenna, Savona e Varese). L’incognita più grande resta sempre quella dell’assenteismo (al primo turno l’affluenza fu pari al 62,14 per cento, con un calo ulteriore di oltre cinque punti rispetto alla consultazione precedente). Ad alimentare questo disimpegno sarebbero soprattutto i giovani. In che misura? Per definire l’area dell’indifferenza degli under 35 rispetto alla politica la Feps, la Fondazione europea di studi progressisti a cui aderisce anche questa Fondazione, ha realizzato a partire dal 2014 una grande ricerca insieme alla Center for american progress. Titolo: “The Millenial Dialogue”. I dati sono abbastanza sconfortanti e non tanto perché i giovani manifestino una certa lontananza dalla politica, quanto perché vorrebbero avvicinarsi ma non riescono a individuare motivi solidi per farlo. In sostanza non è la domanda che manca, ma l’offerta da parte di una politica che non riesce a dialogare e a comprendere i problemi delle generazioni fra i quattordici e i trentacinque anni.
La ricerca è impietosa. Sugli undici paesi presi a riferimento, la media della partecipazione al voto oscilla intorno al 15 per cento. Però in Italia, Germania e Polonia in quella fascia d’età complessivamente intesa l’interesse per la politica supera il 40 per cento. Semmai la vera sconfitta è rappresentata dai giovani tra i 15 e i 17 anni: in questo segmento anagrafico l’interesse in Italia è pari a zero. Eppure i giovani continuano ad avere fiducia e a puntare su cambiamenti nel futuro (media dell’80 per cento ma più bassa in Italia: 75). I nostri giovani sono anche quelli che partecipano più “massicciamente” agli incontri e alle iniziative politiche (comunque un misero 10 per cento) ma come tasso di adesione alle proteste vengono superati dagli spagnoli (26 per cento contro il 14; i tedeschi sono ancora più distaccati: 11 per cento). L’81 per cento dei giovani italiani non si sente rappresentato dalla politica e il 58 ritiene che i partiti si interessino solo ai più anziani. Le domande dei giovani sono molto concrete ma non sembrano essere particolarmente ricche dal punto di vista delle idealità. Infatti le priorità sono: felicità, tempo libero, libertà e ricchezza. Insomma, una visione molto individualistica della vita.
Le stranezze riguardano il feeling con i partiti. I consensi dei giovani, almeno nel 2014, si dirigevano in linea di massimo verso Pd e Movimento 5 stelle (29 per cento e 31 per cento). Però, per gli under 35 il partito che interpreta meglio le ragioni giovanili è Forza Italia (41 per cento contro 28): un dato che è probabilmente figlio di quella visione individualistica della politica cui si accennava precedentemente. Il Movimento 5 stelle viene preferito sul fronte dell’onestà mentre il Pd vince su quello dell’esperienza politica (48 per cento)