Otto ore addio? Sempre più flessibili…

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-di SANDRO ROAZZI-

Centoquattro anni fa negli Stati Uniti, il 19 giugno 2012, le otto ore diventavano l’orario di lavoro legale per legge. Nel frattempo avevano tenuto a battesimo il primo maggio come giornata di lotta per la riduzione dell’orario dopo il famoso sciopero di Chicago del 1886. In Italia ciò sarebbe avvenuto nel 1923 preceduto da un accordo contrattuale nel settore metallurgico del 1919. Alla fine dell’Ottocento in verità si era compiuto un primo passo per umanizzare il lavoro stabilendo che l’orario massimo non poteva superare le 12 ore e proibendo di utilizzare il lavoro di fanciulli e donne durante la notte. Quando qualcuno si chiede a cosa servono sindacati e certi valori della sinistra sarebbe da consigliare un viaggio in quei periodi con la macchina del tempo.


Ma le sorprese sulla riduzione dell’orario di lavoro non mancano di certo: uno dei suoi più lucidi fautori fu niente meno che il fondatore della Fiat, Giovanni Agnelli, che nel 1932, in pieno fascismo del quale certo non si lamentava, scriveva ad Einaudi che …disoccupazione e calo di domanda erano una “catena paurosa”. Ammonendo in modo singolare ma forse utile anche per il nostro vicinissimo domani che “il progresso tecnico non si traduce in automatico progresso sociale”. È storia nota che la svolta vera avviene in Italia negli anni Sessanta passando con i contratti del 1962-1963 alle 44 ore e con quelli del 1969-70, Autunno Caldo, alle 40. Seguirà’ poi il dibattito sulle 35 ore che è di… moda ancora oggi in Francia. Insomma l’orario di lavoro è da sempre un simbolo della lotta contro lo sfruttamento del lavoratore. Ma varrà anche per il domani con l’impetuoso progresso tecnologico o sbiadirà? Certamente nella industria digitale che va sotto il nome di 4.0 la flessibilità sarà ancor più di casa, trainata dal fatto che ad esempio si ribalterà il rapporto fra progettazione ed attuazione del prodotto (più tempo per la prima, meno per la seconda) e che ci vorrà una diversa organizzazione del lavoro nella quale il ciclo continuo sarà probabilmente un ricordo.

La strada non e’ breve ma il futuro incalza. L’adattamento non sarà facile: basti pensare che nell’industria che fabbrica macchinari per il settore produttivo una fabbrica su tre ha impianti vecchi più di 20 anni. Ma secondo un recente studio il 65% dei bambini che iniziano ora ad andare a scuola quando ne usciranno saranno destinati a fare lavori che oggi non esistono ancora. Orario e occupazione saranno nuovamente parte di un unico problema di una contrattazione nella quale si giocherà un bel pezzo del potere rivendicativo del lavoratore e del sindacato. E non è detto che sia a sfavore di questi ultimi se non prevarranno rigidità ideologiche. Intanto la riduzione dell’orario continua ad essere una pietra miliare nella conquista di un miglior rispetto della dignità del lavoro. Questa bandiera si potrà anche ammainare ma il problema del valore del lavoro resta.

 

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