Pensioni, con le simulazioni crescono i dubbi e

 

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-di SANDRO ROAZZI-

Ad agitare le acque della discussione Governo sindacati sulle pensioni arrivano le simulazioni su quanto perderebbero i lavoratori anticipando l’uscita dal lavoro. Secondo Progedica da uno stipendio di 2000 euro netti si arriverebbe a…una pensione da 1301 euro. Il calcolo prevede interessi ad un tasso minimo 1,5%, e non molto realistico probabilmente, che per un lavoratore nato nel 1953 e deciso ad andare in pensione in anticipo di tre anni vorrebbe dire perdere durante questo periodo un 10% e scendere quindi da una pensione “piena” di 1703 euro ad una decurtata di 1542. Dopo i tre anni cominciano i 20 anni di restituzione dell’anticipo e qui la situazione peggiora ulteriormente con un assegno pensionistico pari a 1301 a causa di una rata da pagare di circa 240 euro. In sostanza sono 3120 euro da restituire all’anno, più di due mesi di pensione.

La Uil invece fissa i i presumibili interessi al 3% e calcola quindi che la rata da versare da parte del lavoratore che ha scelto di andare in pensione sempre con tre anni di anticipo sarà del 20% sull’assegno previdenziale netto. Che scenderebbe al 15% sui due anni e al 7% su un anno di anticipo. Con una pensione di 1000 euro, sostiene la Uil, uscendo tre anni prima del previsto dal lavoro si pagheranno 199 euro al mese per 13 mesi. Si rinuncia a più di due mesi e mezzo di pensione l’anno. Dalla Uil anche un calcolo su una pensione di 2500 euro: la decurtazione sarà di poco meno di 500 euro al mese.

Questo il meccanismo che agirebbe su chi sceglie di lasciare il lavoro volontariamente in anticipo di tre anni. E’ noto che coloro che sono licenziati o disoccupati potranno avere un salvagente dallo Stato nel pagamento degli interessi e forse anche su una piccola fetta della decurtazione, sotto forma di detrazioni fiscali, rischiando però di produrre una varietà di casi quasi infinita che potranno oscillare da un “tutela” quasi totale ad una molto parziale.

Insomma buone le intenzioni ma attenti alla giungla dell’anticipo pensionistico. Venti anni di prestito per un lavoratore di 66 anni significa tener duro fino a 86 anni. Per coprire l’eventuale scomparsa ecco il ricorso all’assicurazione. Con un ventaglio di situazioni sempre più largo anche se i lavoratori interessati sembra che non superino le 40 mila unità. La Uil ritiene che si debba arrivare ad una flessibilità più semplice e comprensibile. La Cgil ha cambiato toni e torna ad insistere per soluzioni di modifica alla Fornero, lasciando le banche e le assicurazioni fuori dal gioco. Proprio quello che il Governo non vuole. La matassa pensioni, insomma, rischia di aggrovigliarsi anche se lo spirito di tutti finora è stato quello di puntare a soluzioni accettabili.

 

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