Produzione industriale, avanti in attesa degli investimenti

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-di SANDRO ROAZZI-

Trainata dal settore auto che ingrana nuovamente le marce alte la produzione industriale prova a rialzare la testa con un +1,8% ad aprile sullo stesso mese del 2015. Mese su mese il dato Istat segnala un +0,5% che è il frutto di un passo in avanti della produzione dei beni intermedi (quelli più prossimi a quelli che troviamo nei negozi) e di quelli di consumi fra i quali si conferma la tendenza ad acquistare beni durevoli (auto appunto) come segnale di una migliore disponibilità agli acquisti delle famiglie. Avanti dunque, in attesa dell’onda degli investimenti, utili non solo a rafforzare la produzione ma anche a far capire le capacità di rinnovamento del tessuto industriale e le conseguenze, non tutte positive, dell’avvento a maglie larghe dell’industria digitale.

Ma ci sono anche conferme sulle debolezze del nostro sistema produttivo che riguardano ad esempio le flessioni dei beni strumentali e delle forniture di energia elettrica e gas che potrebbero far pensare ad una attività industriale ancora a singhiozzo. Calano anche i prodotti della filiera tessile, probabile conseguenza di un settore che da anni vive fra gli acuti del made in Italy di lusso e le difficoltà di un mercato internazionale nel quale la concorrenza è sempre più serrata (Cina in testa).

I dati Istat però fanno intravedere un percorso che se non è brillante però potrebbe consolidarsi lentamente nel tempo.
E questa considerazione deriva dall’andamento positivo dei beni intermedi in vista di una ulteriore espansione dei consumi e da quello dei beni durevoli il cui acquisto è stato praticamente rinviato da molte famiglie italiane nel corso della lunga recessione. Un assestamento che da solo non può reggere se non sostenuto da politiche fiscali e retributive coerenti con l’obiettivo di accelerare la crescita.

Ieri il Presidente della Bce Draghi aveva ammonito ad accelerare sulle riforme indirizzate anche ad accrescere la produttività del sistema economico per evitare di piombare in una situazione di poverta’ crescente. Ed è tornato su uno dei nodi cruciali di questa congiuntura economica, gli investimenti. Un capitolo nel quale l’Europa deve ancora fare la sua parte e che richiama anche i Governi nazionali ad essere più presenti e più attivi.

Certo le buone intenzioni possono infrangersi sulle rigidità burocratiche e sulle zone d’ombra delle nostre società, come è la presenza della criminalità organizzata da noi. Ma c’è la necessità di una ripresa degli investimenti pubblici anche per rafforzare la fragile fiducia sul futuro. Insomma il vecchio buon Keynes se la riderebbe di gusto commentando questo momento storico, magari in questo modo: “…le avete pensate tutte, mi avete spedito in soffitta e poi dovete fare i conti ancora una volta con le mie ricette. Non vi invidio gente del terzo millennio”.

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