Ma i voucher vanno aboliti

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-di ANTONIO MAGLIE-

Eccoli, i nuovi voucher. Sono così nuovi che assomigliano tanto ai vecchi. Una leggera verniciatina, un superficiale abbellimento estetico, un leggero maquillage, tanto per mettere un po’ in pace la coscienza. Lo aveva annunciato, il ministro Giuliano Poletti. Annunciato e promesso e lui, si sa, è uomo d’onore, “uomo del fare” in un governo “che fa” contro i gufi, i rematori nel verso contrario, i funamboli del controcanto. Il meccanismo è semplice, l’uovo di Colombo. In una parola: tracciabilità. Il datore di lavoro un’ora prima dell’inizio della prestazione dovrà comunicare nome, cognome o, in alternativa, codice fiscale della persona che viene pagata con il voucher. Dovrà anche spiegare il luogo e la durata dell’impegno.

Come? Semplicemente con un sms o una mail. E dato che lo scorso anno sono stati venduti 115 milioni di voucher e nel primo trimestre di quest’anno già 31,5 milioni hanno preso il volo, ecco che sorge un dubbio: ma chi riceverà tutti questi sms? Ma non non è che i computer andranno in tilt per sovraccarico di mail? E, ancora, chi li leggerà? Diciamolo sinceramente: la trovata non brilla per creatività e rende lo strumento solo apparentemente trasparente perché, in realtà la complessità della nostra macchina burocratica in rapporto all’alto numero di situazioni da valutare, crea in partenza le condizioni per una sostanziale incontrollabilità.

Meccanismi simili funzionano in paesi in cui è robusto l’allenamento al rispetto delle regole. Ma, caro Poletti, siamo in Italia, il paese sulla cui bandiera campeggia un detto popolare: fatta la legge, trovato l’inganno. E qui non bisogna sforzarsi neanche troppo per trovare l’inganno, non bisogna mobilitare le menti più brillanti per ottenere il risultato che da molti è stato ottenuto sin qui. In realtà c’è un solo modo per riformare i voucher: eliminarli. Almeno se si vuole realmente abolire la piaga del lavoro irregolare. Altre strade non ve ne sono perché tutte le altre portano a una zona grigia all’interno della quale vi possono essere “poveri cristi” che confidano utilizzando questo strumento di passare la nottata di una crisi infinita, ma sicuramente ci sono furbetti disinvolti e spregiudicati che grazie ai voucher lucrano vantaggi competitivi rispetto a colleghi che, al contrario, preferiscono lavorare al chiarore della legge.

Questo Paese affastella le regole inseguendo pervicacemente un obiettivo: fare in modo che la gente le violi senza incorrere in alcuna sanzione (nel caso in questione quella messa in cantiere prevede una multa da 400 a 2.400 euro). E così assistiamo a straordinari paradossi: tutti onesti eppure una fetta considerevole di italiani evade tranquillamente il fisco o lo elude; tutti pronti a giurare sulle virtù della moglie di Cesare eppure abbiamo scoperto che c’erano banche che “spacciavano” prodotti finanziari insicuri dichiarandoli più sicuri del vecchio mattone sotto cui infilare le banconote; sul fronte della sicurezza sul lavoro abbiamo ottime leggi eppure abbiamo assistito lo scorso anno allo strampalato caso di una riduzione degli incidenti con un aumento dei morti a far da contrappunto. Sui sacrifici delle persone bisognerebbe essere seri.

I voucher nel 2015 hanno dato luogo a compensi complessivi per i lavoratori pari a 860 milioni e a 150 milioni di contributi. Ma questo è quel che si vede, cioè la punta dell’iceberg. Ci sfugge tutto quello che c’è sotto e sfugge anche alle casse dello Stato e dell’Inps. Il decreto legislativo sarà ora valutato dalle commissioni di Camera e Senato e successivamente tornerà al Consiglio dei Ministri per l’approvazione definitiva. Confidiamo (ma non troppo) che nel frattempo qualcuno giunga alla conclusione di evitarci questo secondo Porcellum.

antoniomaglie

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