L’economia italiana secondo l’Istat

ISTAT
-di Sandro Roazzi-

Ormai è un ritornello: crescita sì ma moderata. Con una postilla anch’essa ormai rituale: e non meravigliatevi se si verificheranno rallentamenti temporanei. La fotografia dell’Istat sull’economia italiana è sovrapponibile quella della Banca d’Italia o della Bce e la ragione sta nel consolidarsi dei tratti caratteristici di questo periodo e che ora sono sempre più evidenti.

La spinta alla crescita arriva ora dalla ripresa della domanda interna che trova il suo limite nell’andamento modesto di salari e stipendi in attesa di rinnovi contrattuali di grandi settori come il pubblico impiego e i metalmeccanici. La produzione procede a singhiozzo anche perché condizionata da due fattori come il rallentamento della domanda estera e la faticosa uscita dal crollo della recessione del settore delle costruzioni, mentre si cominciano a vedere segnali positivi dall’immobiliare. Ai quali si aggiunge l’insufficiente alimentazione degli investimenti che pure crescono ma non quanto sarebbe auspicabile.

Dunque le famiglie hanno ripreso a spendere: sale la spesa nel primo trimestre del 2016 sia in beni non durevoli (+0,7%) sia in beni durevoli ovvero i più…depressi (0,5%). Apporto assai più limitato quello della spesa delle Pubbliche Amministrazioni (+0,2) alle prese con la dieta…da conti pubblici.

L’occupazione, secondo la rilevazione Istat, fa qualche passetto avanti sia per quanto riguarda il lavoro dipendente che indipendente; la disoccupazione cresce di poco soprattutto perché diminuiscono i cosiddetti scoraggiati (sale in particolare il numero delle donne che si riaffacciano sul mercato del lavoro).

Eppure lo scenario delle prospettive a breve non è per nulla incoraggiante: è questo il vero tallone d’Achille della nostra economia il cui cammino appare ancora minato da molte fragilità. A maggio il giudizio sulle attese risulta in peggioramento in tutti i settori economici. E gli imprenditori del settore manifatturiero non sono ottimisti sulle tendenze dell’occupazione a breve, mentre sono migliori le sensazioni di quelli dei servizi. Anche il clima di fiducia dei consumatori non è nel suo migliore periodo. Tutto quindi fa pensare ad un ‘economia che nei prossimi mesi sarà soggetta ad un andamento contrastato. E potrebbe entrare in rotta di collisione con gli effetti di una eventuale Brexit, o con un ulteriore peggioramento degli indicatori internazionali. Ma siccome nulla è scritto nell’immediato futuro dell’economia mondiale potremmo anche tirare un sospiro di sollievo dopo lo spoglio del referendum inglese e trovare ragioni di fiducia in un rallentamento delle tensioni internazionali. Scenari alla pari, o quasi. Ma che generano incertezza, e non è poco.

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