Strana ragazza, Viginia Raggi, candidata pentastellata a Roma. Davanti all’annuncio del suo avversario, Roberto Giachetti, di un evento pubblico a sostegno della sua corsa con la partecipazione di Matteo Renzi, ha affermato: “Il premier non sta facendo il premier. Il fatto che non è stato eletto non gli ha fatto comprendere quale è il suo ruolo”. Sul piano dei principi, nulla da eccepire. Ma su quello pratico, però, è agevole individuare qualcosa di contraddittorio. Perché lamentarsi della partecipazione di Renzi alla contesa per la via principale di un intervento pubblico accanto al candidato del suo partito, il Pd, quando surrettiziamente i pentastellati hanno messo proprio Renzi e il suo governo al centro della propria campagna elettorale, anche attraverso gli illuminati e spettacolari interventi di Beppe Grillo?
E ancora: che Renzi non sia stato eletto è un dato di fatto (ma bisogna anche sottolineare che non è illegittimo visto che la nostra Costituzione assegna ancora al Capo dello Stato la scelta del presidente del Consiglio), ma allora perché mai la Raggi ha firmato un contratto in virtù del quale, come lei stessa ha pubblicamente ammesso, su sollecitazione del suo Capo Non Eletto accetterebbe tranquillamente di dimettersi dalla carica di sindaco? I pentastellati rivendicano il rispetto delle regole anche se poi svuotano l’aula in cui si tiene un comizio del proprio gruppo appena viene segnalata la presenza nella strada adiacente dei vigili armati di blocchetto per le multe.