Costituzione, la bizzarra caccia ai “padri nobili”

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-di ANTONIO MAGLIE-

Senza che l’affermazione suoni offensiva, si potrebbe dire che la campagna referendaria, che si sviluppa intersecandosi e quasi oscurando quella per le amministrative, ha scatenato una vera e propria corsa al “santino”. Prefigurando a volte veri e propri casi di appropriazione indebita dell’ altrui pensiero, modificato alla bisogna ovviamente. Uno lo ha segnalato su questo blog Cesare Salvi a proposito della proposta di riforma avanzata ormai più di trent’anni fa da Enrico Berlinguer. L’invito di figlie, figli, parenti stretti o un po’ più lontani, vecchi collaboratori a non utilizzare un’immagine per trasformarla in un messaggio politico compiuto (votate sì o votate no) cade puntualmente nel vuoto: in mancanza di argomentazioni, meglio affidarsi a una stampella iconografica. Che poi il ricorso sia più o meno fondato, poco importa, tanto nessuno andrà a rivedere cosa il personaggio tirato in ballo diceva effettivamente, figuriamoci poi se qualcuno si sforzerà di approfondire il momento in cui diceva quelle cose, le motivazioni politiche contingenti che lo inducevano ad assumere determinate posizioni, insomma il contesto. L’importante è dare l’impressione di essere in collegamento con la storia, di aver colmato una lacuna che altri avrebbero voluto colmare senza riuscirvi perché i tempi erano tiranni e i contemporanei disattenti o poco sensibili alla questione.


Uno degli ultimi tirati in ballo è stato Giuseppe Dossetti (in funzione anti-riformistica da Raniero La Valle scatenando l’irritazione di Pierluigi Castagnetti, allievo del prete-costituente e allo stesso tempo sostenitore convinto della revisione messa a punto da Matteo Renzi). Pierluigi Bersani ha provato a buttarla sul sorriso invitando i sostenitori della riforma a utilizzare l’immagine di Lenin visto che con i soviet aveva sicuramente fatto una scelta monocamerale. Due figlie di Ingrao sono attestate su posizioni contrapposte: una è insorta davanti al manifesto utilizzato dai “riformisti”, l’altra, che condivide la legge di revisione, non è insorta ma ha fatto sapere che sarebbe stato molto meglio evitare di tirare in ballo l’illustre genitore. Ma siamo appena all’inizio e nessuno riuscirà a fermare questi strani “archeologi” della politica: in fondo, si può andare avanti all’infinito, sino a Giulio Cesare o anche oltre sino a Pericle, la fantasia, evidentemente, non scarseggia e i mesi da riempire sino all’apertura delle urne abbondano. Semmai scarseggiano le argomentazioni. A scanso di equivoci: dall’una e dall’altra parte perché questo uso bottegaio di un tema così impegnativo e serio come la definizione o ridefinizione non semplicemente delle regole del gioco istituzionali ma di quelle più generali del vivere civile, inevitabilmente trasforma tutto in burletta, in una accademia di battute, in un festival selvaggio dell’iconografia un tanto al chilo.

Ogni fase storica è caratterizzata dallo spirito dei tempi. Quelli di Dossetti o di Calamandrei non furono gli stessi di Berlinguer così come quelli di Berlinguer non sono gli stessi di Renzi. La preoccupazione dei primi Costituenti era soprattutto quella di costruire solidi anticorpi per impedire il risorgere di un fenomeno come il fascismo. A cavallo degli anni Ottanta il problema era la governabilità e, contemporaneamente, il timore che la ricerca di soluzioni a questo problema potesse fornire il destro ad accelerazioni fortemente personalistiche. Adesso, la questione centrale sembra essere (o dovrebbe essere) quella della rappresentatività e dell’etica.

Renzi ha presentato la sua proposta in svariati modi: taglio dei costi della politica, velocità della decisione in rapporto alla velocità dell’economia. Certo, in questo secondo caso bisognerebbe capire a quale economia facciamo riferimento: quella produttivista non è velocissima, non lo è mai stata e difficilmente lo sarà in futuro; al contrario lo è quella finanziaria ma la politica non potrà mai avere la rapidità di quest’ultima che si muove al ritmo di una semplice pressione sulla testiera del computer o di un impercettibile movimento del mouse. In ogni caso, i tempi (e lo spirito che li anima) non sono quelli né di Dossetti, né di Berlinguer, né di Togliatti, né di Nilde Iotti. In un paese che non coltiva la memoria storica, questa riscoperta del passato, questa voglia di squadernare a tutti i costi album di famiglia abbandonati in scantinati polverosi insieme alla Prima Repubblica, ha evidentemente un carattere strumentale. Strumentale e ben poco rispettoso nei confronti di persone che non essendoci più non possono far sentire la propria voce, non possono né confermare né smentire. E nelle trasmissioni ereditarie, possono rientrare i riferimenti morali (quindi generali) ma le scelte storicizzate e le posizioni politiche contingenti (pertanto specifiche) non sono contemplate.

antoniomaglie

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