-di ANTONIO MAGLIE-
Il Cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei (Conferenza Episcopale Italiana) torna all’attacco della legge sulle Unioni Civili e lo fa con il solito tono da giudizio universale imminente (e immanente), mettendo tutto in un pentolone (utero in affitto, matrimonio, famiglie “vere” e famiglie non convenzionali) e mescolando il liquido bollente, sino a giungere alla conclusione finale e cioè che attraverso il riconoscimento di diritti a persone che hanno scelto di stare insieme in maniera diversa rispetto a quella santificata dal matrimonio (sorge in proposito un dubbio: ma dove colloca, nella sua visione, chi ha deciso, per scelta personale, filosofica, politica di contrarre solo il vincolo civile? E quei parlamentari cattolici che di vincoli ne hanno, invece, contratti in abbondanza?) verrà raggiunto l’obiettivo finale: l’utero in affitto. Dal punto di vista della logica argomentativa, la strana gincana oratoria dell’alto prelato appare poco convincente. La sua premessa è che le Unioni Civili sanciscono “di fatto l’equiparazione al matrimonio e alla famiglia”.
Ovviamente le cose stanno in maniera un po’ più complessa perché al cardinale sfugge un dettaglio: non esiste solo la legge della Chiesa, esiste anche quella dello Stato. E per la seconda questa equiparazione, non esiste. Certo, esiste una famiglia dal punto di vista dei diritti e dei doveri, delle consuetudini quotidiane, delle abitudini comuni e delle dinamiche di coppia (che per evidenti motivi all’alto prelato e ai sacerdoti sfuggono) ma a parte il fatto che se la famiglia si basa su un sentimento (l’amore), allora non si capisce perché mai la cosa dovrebbe scandalizzare la Chiesa che inalbera proprio quel sentimento tra i suoi vessilli. Queste, però, sono discussioni che vanno al di là della legge, che investono la logica e il buon senso mentre a chi lavora sulla base dei codici interessano soprattutto, le norme approvate in Parlamento e pubblicate in Gazzetta Ufficiale e quelle di famiglia non parlano. Così hanno voluto gli alleati cosiddetti “centristi” di governo di Matteo Renzi e così si è regolato il premier, anche se sarebbe stato decisamente più opportuno non mercanteggiare su un principio che tira in ballo i sentimenti delle persone, riconoscendo ciò che è nei fatti, fatti che Bagnasco non può cancellare o impedire nemmeno con i suoi arditi esercizi oratori (può solo vietare, rifiutando le norme, il riconoscimento di diritti a cittadini come lui di questa Repubblica).
Da quella premessa il cardinale, nel corso dell’assemblea generale dei vescovi, ha ricavato una conclusione di strumentale catastrofismo: “Le differenze sono solo dei piccoli espedienti nominalisti, o degli artifici giuridici facilmente aggirabili, in attesa del colpo finale, così già si dice pubblicamente, compresa anche la pratica dell’utero in affitto, che sfrutta il corpo femminile profittando di condizioni di povertà”. Anche in questo caso, il salto logico dal riconoscimento di diritti a favore di cittadini che pagano le tasse allo Stato Italiano (tema sul quale la Chiesa dovrebbe compiere qualche riflessione) a una pratica inopportuna (l’utero in affitto) non si riesce a comprendere. O meglio, si comprende benissimo perché si fa riferimento a suocera (l’utero in affitto) perché anche nuora intenda (la stepchild adoption, cioè l’ultima trincea difensiva della gerarchia). E’ evidente che sarà questa la linea propagandistica che utilizzeranno le forze politiche e i parlamentari (che, come dice la Costituzione sono i rappresentanti di tutta la nazione, anche di quella parte a cui vogliono togliere una legge appena approvata) che hanno già aperto le ostilità referendarie. Non a caso un autorevole esponente di quel fronte, Gaetano Quagliariello, ha fatto già a da sponda: “Affinché sulle unioni civili ci sia un confronto vero bisogna stracciare il velo dell’ipocrisia. E il cardinale Bagnasco su questa legge ha detto la verità che un falso compromesso ha cercato invano di coprire: il testo equipara sostanzialmente unioni e matrimonio e di lì all’utero in affitto la strada è tracciata”. Le fiamme dell’inferno già scoppiettano.