-di SANDRO ROAZZI-
Bruxelles mostra “clemenza” e Roma la spunta sulla flessibilità che vale parecchi soldi (fino a 14 miliardi?) dando anche un implicito… aiuto al Governo italiano quando ammonisce ad onorare le clausole di garanzia nell’ambito del necessario equilibrio dei conti, che significa rastrellare dagli 8 ai 10 miliardi di euro con l’Iva dal 2017.
Le condizioni per un intervento sull’Iva, anche secondo i dati Istat sulle prospettive economiche del 2016, parrebbero, almeno in parte, esserci. Il Pil per l’Istituto di statistica dovrebbe crescere dell’1,1%, in linea con le previsioni Ue. Il traino viene dai consumi interni, la spesa delle famiglie dovrebbe infatti salire all’1,4% dallo 0,9% del 2015. Progressi sulla disoccupazione che scende dello 0,6% rispetto ad un anno fa attestandosi all’11,3%. E soprattutto buoni segnali dagli investimenti che dovrebbero progredire dallo 0,8% al 2,7%. Mentre per avere notizie meno negative sulla deflazione si dovrà attendere l’autunno, complice in particolare l’andamento dei prodotti energetici sui mercati internazionali. Tutto questo però in presenza di alcuni freni che sussistono e si fanno sentire.
La spesa delle famiglie non può contare su una vera spinta proveniente dalle dinamiche salariali ancora modeste; gli investimenti non possono avvalersi come sarebbe salutare di un volano tradizionale come quello dell’edilizia che riparte ma a ritmi moderati. E la crescita 2016 continua a confinarci agli ultimi posti nell’area euro dove il Pil previsto dovrebbe toccare l’1,6%.
Quanto all’Iva si possono immaginare diverse opzioni: la prima è quella di un aumento di aliquote “secco”, che si spalmerebbe quindi su tutti senza tener conto delle differenze di reddito ed in questo caso circolano ipotesi che danno come possibili l’aumento sia dell’aliquota del 10% che del 22%. Ma potrebbe anche prendere vita una risistemazione interna ad alcune delle attuali aliquote dei beni in esse compresi. In questo caso nel mirino ci sarebbero anche alcune voci delle aliquote agevolate. Ma non si può escludere neppure un mix fra le due formule. In tempi di deflazione, con l’occupazione che torna a crescere assieme alla spesa delle famiglie i contraccolpi eventuali sui consumi, si osserva, potrebbero essere limitati. Specialmente se le imprese, temendo riflessi negativi sulla domanda interna, si sforzeranno come hanno già fatto durante la crisi , di contenere i prezzi intermedi e assorbire parte degli aumenti Iva. Di certo c’è che questa fase dell’economia si presta ad essere titolata con un “maneggiare con cura”. Anche perché le incertezze non mancano e arrivano da uno scenario internazionale quanto mai contraddittorio.