In una intervista, il fin troppo loquace Jens Weidman, presidente della Bundesbank, afferma (si potrebbe dire, conferma, visto che lo aveva già detto alcune settimane fa), che l’Italia in fatto di conti pubblici non è un modello. In pratica, rispetteremmo poco le regole. Non avrebbe tutti i torti, ma visto che i tedeschi sono così virtuosi, allora tanto per cominciare dovrebbe fare un minimo di autocritica sulle passate violazioni tedesche delle regole (segnalate dall’ex capo della Bce, Trichet) e su quelle attuali (l’avanzo commerciale che, al contrario, solo la settimana scorsa ha derubricato a peccato veniale e passeggero). Inoltre, visto che dalle sue parti le leggi si rispettino, allora faccia qualcosa perché il suo governo eviti un’ingiustizia e un insulto nei confronti dei parenti delle vittime della tragedia della Thyssen Krupp. Harald Espenhahn, amministratore delegato, e Gerald Priegnitz, hanno atteso la sentenza della cassazione comodamente a casa loro, in Germania. Una “comodità” che garantirà loro uno “sconto” perché non venendo condotti in una galera italiana, potranno usufruire del fatto che dalle loro parti il reato per cui sono stati condannati prevede un massimo di pena di cinque anni. E loro, invece, dovrebbero rimanere in galera nove anni e otto mesi, il primo, e sette il secondo. Chissà se dal punto di vista della giustizia, morale prima ancora che penale, la Germania di Jens Weidmann riuscirà ad essere “un modello”.