– DI FRANCESCA VIAN –
EPURARE (25° puntata)
Certamente la vignetta di Scalarini fu profetica: la morte del fascismo trascinò giù anche la monarchia (Uniti nella vita e nella morte, Codino Rosso, 4 maggio 1946, scalarini.it). Ma la morte della monarchia in Italia non trascinò con sé tutti i fascisti. I fascisti e la monarchia non finirono insieme purtroppo i loro giorni, uniti nella vita e nella morte, o meglio, la battaglia di eliminare le persone compromesse col fascismo dalla vita politica dell’Italia libera, non fu vinta del tutto. Secondo Pietro Nenni l’epurazione fu una battaglia persa.
La realizzazione non fu esattamente come la speravano i tanti che avevano combattuto il fascismo, durante il ventennio: “La opposizione ci fu, e non piccola, e si comportò con coraggio, con dignità e con fermezza. (…) Nei circoli degli oppositori non si guardava né alla provenienza sociale, né al partito politico, né alla fede religiosa; ma un identico affetto morale, un identico amore e un identico odio animava tutti. (…) fratello tra fratelli” (Benedetto Croce, Il tempo di Roma, 2 e 4 marzo 1947, ripubblicato in Scritti politici, 1973).
Scrive il giornalista Gino Pallotta, testimone attento dei tempi in questione: “L’epurazione dette luogo a situazioni quanto mai contradditorie: furono i meno colpevoli a subire le maggiori conseguenze. I pesci grossi non abboccarono all’amo, o comunque se la cavarono meglio di ogni altro. (…) L’epurazione, comunque, per riuscire, avrebbe dovuto essere indirizzata, fin dal principio, solo sui veri responsabili e grandi profittatori del regime, un gruppo limitato e ben individuabile di persone e di interessi; a più basso livello avrebbe dovuto colpire solo coloro che si fossero resi davvero responsabili di persecuzioni e di delitti” (Gino Pallotta, Dizionario della politica italiana, 1964).
Nella dura battaglia per l’epurazione, Nenni utilizza anzitempo anche il verbo epurare. Lo aveva già scritto giocosamente in Francia, come corrispondente da Parigi, richiamando un modo di dire francese: “un puro trova sempre uno più puro che lo epura” (Le ironie comuniste e le necessità dell’ora, Avanti!, 10 marzo 1922, pagina 1).
Lo reintroduce durante la seconda guerra mondiale, mettendo in evidenza le difficoltà: “In queste condizioni l’epurazione si presenta irta di tremende difficoltà, giacché si pone ad ogni piè sospinto il quesito: – chi epurerà gli epuratori visto che quasi tutti i capi sono compromessi o col fascismo o con la resa di settembre?” (Avanti!, 16 giugno 1944, ripubblicato in Vento del Nord, 1978). Il 12 marzo 1946, Nenni ricorda nel suo diario che Aldisio, Alto commissario della Sicilia per l’epurazione, dovendo praticare un arresto, “fu da un colonnello americano avvertito che ciò era impossibile e che la Commissione alleata non l’avrebbe tollerato“.
Sarà ai compagni di partito che Nenni confiderà: “Nel campo dell’epurazione si è raggiunto il risultato di iscontentare tutti. Quando sono arrivato al Commissariato avevo perfettamente coscienza che l’epurazione era fallita ed ho accettato l’incarico perché non si dicesse che i socialisti rifiutavano i compiti difficili. (…) Non si attuano misure rivoluzionarie senza la rivoluzione, né si distrugge una casta quando i capi di questa casta sono ancora al loro posto. (…) l’Alto Commissario era un Pubblico Ministero. Esso denuncia non giudica. Io ho provato a fare arrestare qualcuno dei grandi profittatori fascisti. E dopo trenta o quaranta giorni ho trovato dei giudici che chiedevano loro scusa e li mettevano in libertà. Quando poi ho voluto denunciare il Maresciallo Badoglio, è sembrato dovessero arrivare delle catastrofi di carattere internazionale” (discorso pronunciato al Congresso socialista di Firenze l’11 aprile 1946, pubblicato in Una battaglia vinta, 1946).
Dai tempi della fondazione della repubblica a oggi, con il potere loro conferito dagli impieghi statali, troppi individui non servono realmente la Costituzione, e anzi le remano contro, contribuiscono ai dislivelli sociali, all’indifferenza ai danni dei cittadini; irridono l’articolo tre di “rimuovere gli ostacoli“, di “portare avanti quelli che sono nati indietro“. Anche i pesci piccoli creano il generale malessere dentro le istituzioni e verso le istituzioni: cioè “disfano” ciò che sono pagati per costruire, riducono lo stato alla tela di un’anti-Penelope, tessuta nei principi, ma disfatta nel concreto. A spese di troppi.
Sarebbe invece rasserenante per tutti percorrere le diverse strade dello stato che ognuno di noi deve percorrere, sapendo che esse sono vigilate con “disciplina e onore” (articolo 54).
Nel prossimo appuntamento torniamo sulla filosofia di “Politique d’abord” con monolitico. francescavian@gmail.com
Il testo proposto da Francesca in questa edizione mi richiama alla memoria la vicenda della mia maestra delle prime tre classi di scuola elementare. Dalla quarta elementare ho avuto una nuova maestra perché la precedente si era trasferita in una frazione vicina. A dieci anni andavo a trovarla in bicicletta e ricordo che aveva un piccolo orto e chiedeva a me come coltivare al meglio alcuni ortaggi. Subito dopo il 25 aprile del 1945 è stata barbaramente torturata e uccisa (così si diceva, ma non era facile accertarlo) con l’accusa di aver fatto la spia favorendo la cattura di alcuni giovani partigiani che sono poi stati deportati nei campi di concentramento in Germania e non più ritornati. Mia sorella abita in una via della frazione intitolata a uno dei giovani partigiani deportati. Forse l’epurazione della mia maestra era un caso di “coloro che si fossero resi davvero responsabili di persecuzione e delitti”, ma mi faceva orrore il fatto che fosse stata barbaramente trucidata. Erano tempi duri per tutti e in particolare per un ragazzo di dodici anni.