-di VALENTINA BOMBARDIERI-
Era il primo maggio 1977. A Istanbul 36 persone morirono in seguito a degli scontri di piazza. Da allora qualsiasi manifestazione per la festa dei lavoratori è vietata. A piazza Taksim dopo quasi quarant’anni, il primo maggio si contano ancora i morti e i feriti. Nella stessa piazza che il 24 aprile per la prima volta ha ospitato la commemorazione per il giorno della memoria armeno.Dal “primo maggio di sangue” ai lavoratori è vietato celebrare la festa del lavoro a Taksim, ufficialmente per questioni di sicurezza. Dal 2006 però i sindacati lottano per poter tornare in quella piazza per commemorare le vittime della strage. Gli anni scorsi il tentativo da parte dei lavoratori di raggiungere Taksim nonostante il divieto si è concluso con violenti scontri tra manifestanti e poliziotti. Il divieto è stato ribadito dal governo nel 2013.
Ieri l’atmosfera sicuramente era diversa rispetto al 1977, i sindacati parlano di 500 mila persone. Attivisti della società civile e militanti di tutti i partiti di sinistra, i kemalisti del Partito Repubblicano del Popolo, formazioni marxiste-leniniste radicali, il Partito della Solidarietà e della Libertà e i curdi del Partito della Pace e della Solidarietà.
Mentre in Italia si manifestava, si andava al Concerto o semplicemente ci si godeva una giornata in famiglia ad Istanbul si sono verificate scene di guerriglia urbana. L’unico paese della Mezzaluna ad ambizioni europeiste presenta limiti di carattere democratico sempre più evidenti.
La rabbia è verso Recep Tayyip Erdoğan, il primo ministro turco che sta assumendo le sembianze di un dittatore. Un dittatore lanciato sempre di più verso un potere assoluto e sempre meno propenso ad ascoltare la propria gente, come si conviene nelle democrazie occidentali.
40 mila poliziotti. Persone costrette a stare dentro casa. Macchine e vetrine rotte. 1 morto e diverse persone arrestate. Ad Ankara, la capitale, altri scontri.
Stessa situazione in Egitto. Persone come noi che vorrebbero denunciare le pessime condizioni dei lavoratori, senza diritti e con salari miserabili. I lavoratori non possono organizzarsi in modo indipendente, sono costretti ad aderire ai sindacati scelti dal governo. Proprio su questa situazione indagava il ricercatore Giulio Regeni. Ricordato ieri a Piazza San Giovanni a Roma al cosiddetto “concertone”.
Il primo maggio non è per tutti il primo maggio. Esiste una parte del mondo in cui i diritti che per noi sono scontati e conquistati sono ancora tutti da conquistare. Forse dovrebbe farci riflettere sul fatto che vadano più tutelati?