Il voucher dei “nuovi schiavi”

-di VALENTINA BOMBARDIERI-

Mentre Matteo Renzi prometteva di diminuire il lavoro precario e il lavoro in nero, a carte scoperte la storia sembra essere tutt’altra. Con il Jobs Act si è accentuato di molto l’uso dei voucher da lavoro. Ma cosa sono? Si tratta di tagliandi ideati con l’intento di favorire l’emersione di mansioni tipicamente legate al lavoro sommerso.  Vengono utilizzati per il pagamento di tutte quelle prestazioni non regolamentate da un contratto perché svolte in maniera occasionale e discontinua oppure per prestazioni accessorie. Per dirla con l’Inps: “Attività lavorative che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a 7mila euro nel corso di un anno”.

Sono stati introdotti in Italia nel 2008 ed esistono anche in altri paesi europei. In Austria si chiamano Dienstleistungscheck, in Belgio titres services, in Francia Chèque emploi service universel (Cesu). Ma come può l’Italia non distinguersi? Nei paesi testé citati i voucher si limitano all’ambito dei lavori domestici, all’assistenza ai bambini, al giardinaggio. In Italia invece la legge Fornero ha allargato il campo di applicazione a qualsiasi tipo di attività. E ci mancava il Jobs Act, che ha ridotto le tipologie contrattuali, come per esempio i co.co.pro, e ha aumentato il limite massimo di reddito percepibile con i buoni lavoro. Assistiamo così a un utilizzo spropositato dei voucher, perché più conveniente e senza controllo e quindi a un passaggio da un rapporto di lavoro precario a uno ancora più precario. Risultato? Addio tutele crescenti.

Solo nel 2015 i voucher venduti sono stati 114.921.574 dal valore nominale di 10 euro. Un boom del 66,6% rispetto ai 69.172.879 dell’anno precedente. Singolare il caso della Sicilia, capitale dei voucher con due milioni e mezzo di buoni venduti in un anno. Il lavoratore dei dieci ne incassa solo 7.50 euro. Il 13% finisce nella gestione separata dell’Inps e il 5% sempre all’Inps come gestione del servizio e un 7% all’Inail come assicurazione per gli infortuni sul lavoro. Si acquistano alle poste o dal tabaccaio, dipende se il voucher ha natura cartacea o telematica.

I buoni erano stati pensati per quelle categorie che attendono di entrare nel mercato del lavoro o che ne sono uscite. E sono utilizzati anche per retribuire  lavoratori scolarizzati, esperti, professionalizzati. E ancora: studenti, pensionati, cassintegrati, disoccupati a patto che non superino il tetto annuale di reddito (5.050 euro netti cioè 6.740 euro lordi). Limite che si riduce a 3.000 euro netti (4.000 euro lordi) se il lavoratori usufruisce di misure di sostegno al reddito (disoccupati, in mobilità) e si riduce ancora a 2.020 euro netti (2.690 euro lordi) per ciascun committente nel caso di prestazioni rese nei confronti di imprenditori, commerciali o professionisti.

Per i sindacati il boom dei voucher non è una buona notizia. Quei 114 milioni retribuiscono in buona parte mansioni che avrebbero dovuto essere regolarizzate in modo ben diverso. Molte non sono prestazioni accessorie ma impieghi continuativi con carattere di dipendenza.

Oggi è la festa dei lavoratori, ma bisognerebbe riflettere sui diversi modi in cui il lavoro viene svolto, a partire da quelle vere e proprie forme di nuovo schiavismo denunciate da Papa Francesco, a cui a tutti gli effetti appartengono molte delle attività remunerate attraverso i voucher. Non è festa per tutti. Sicuramente non lo è per quei  lavoratori che sono stati “svalutati” attraverso forme di pagamento che dovrebbero riguardare solo i rapporti saltuari e che invece vengono utilizzate per chi saltuario non è. Non è la festa di quei lavoratori licenziati, in mobilità, esodati. Non è neanche la festa di quelli che aspettano il rinnovo del contratto o di quei giovani che cercano il lavoro e si sentono anche chiamare “bamboccioni”. Non è sicuramente la festa dei parenti di quei lavoratori che hanno perso la vita sul posto di lavoro.

Perché c’è un altro fenomeno da sottolineare. I voucher spesso ormai coprono il lavoro in nero. Nel 2012 gli incidenti di lavoratori retribuiti con i ticket erano stati 436, nel 2014 si sono triplicati, arrivando a circa 1.400, per il 2015 non ci sono ancora i numeri definitivi ma il dato è in aumento. Raddoppiate anche le morti bianche dei voucheristi. Due nel 2013, sei nel 2014, quindici, per ora nel 2015.

E caso strano, coincidenza anomala, il pagamento del voucher coincide con il giorno dell’infortunio mentre in precedenza non risultava alcun rapporto tra il datore di lavoro e il lavoratore. Come spiega il segretario della Uil Carmelo Barbagallo “C’è stato un aumento dei morti sul lavoro, non perché sono aumentati gli incidenti, ma perché con i voucher si copre il lavoro nero. Il lavoro, anche quando è stabile, non è stabile. Il voucher è lavoro irregolare. Possono coprire con un voucher un morto in meno”.

Oggi è il giorno per gridare più forte che chi ci toglie il lavoro ci toglie la dignità. È il giorno per sperare che le cose cambino e attivarsi in questo senso. Ed è anche il giorno per ricordarci che in un paese civile si lavora per vivere, non viceversa.

Valentina Bombardieri

One thought on “Il voucher dei “nuovi schiavi”

  1. I voucher sono lo sfruttamento vergognoso dell’attuale situazione, dove la dignità di chi lavora è finita al minimo livello, dopo la cancellazione persino delle norme sui licenziamenti ARBITRARI, sulla video-sorveglianza e sul demansionamento compiuta dal Governo Renzi, con grande consenso della Confindustria.

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