-di SANDRO ROAZZI-
Disoccupazione giovanile a marzo, più che un calo potrebbe sembrare l’avvio di una positiva… ritirata. Ma con i numeri occorre andarci cauti in quanto la spiegazione potrebbe stare in un rimbalzo statistico dopo l’altalena dei primi due mesi dell’ anno. Ciò non toglie che la tendenza appare meritevole di qualche speranza con la disoccupazione complessiva che scende all’11,4%. Calano anche gli inattivi soprattutto per l’ingresso nel lavoro delle donne ( il cui tasso di disoccupazione significativamente scende più che per gli uomini) e torna a crescere il numero degli occupati fra i lavoratori indipendenti (+ 14 mila unità) che però scontano ancora il salasso della recessione e quindi rispetto ad un anno fa risultano ancora in flessione.
Più interessante valutare il tasso di occupazione per classi di età dove la variazione più alta, ancora una volta si registra fra i 50-60enni con un aumento di due punti percentuali rispetto al marzo del 2015. Si respira insomma ancora l’aria della legge Fornero che ha elevato l’età pensionabile. In generale il miglioramento della situazione si coglie dappertutto anche se a restare indietro sono i 35-49enni, a dimostrazione forse che la stabilizzazione in termini di lavoro è ancora un traguardo difficile da centrare. Va anche detto però che il tasso di occupazione di questa categoria è il più alto con il 72% e non potrebbe esser altrimenti.
Vibrazioni da ripresa? Possibile e sarebbe davvero da augurarcelo senza brindare però. Basta dare un’ occhiata al gap che ci separa dall’Eurozona dove il tasso disoccupazione a marzo è sceso al 10,2%, più di un punto in meno rispetto al nostro.
Ma l’aria di deflazione che si respira anche ad aprile deve far riflettere. Ad aprile i prezzi marcano un calo dello 0,4% rispetto allo stesso mese del 2015. Ma altri due dati in particolare dovrebbero consigliare di rafforzare gli impulsi verso la crescita: l’inflazione di fondo (senza beni stagionali ed energetici) resta su valori molto modesti e rallenta perfino rispetto a marzo; l’inflazione acquisita (se non cambiasse nulla, cioè, fino alla fine dell’anno) segna un poco confortante -0,4%. Il mercato interno è condizionato dall’andamento del petrolio ma mostra una fragilità che va oltre le peripezie dell’oro nero.
La questione dei consumi è più che mai una priorità da affrontare. E non basta tranquillizzare l’opinione pubblica sul fatto che l’Iva non salirà, o sperare nella Bce, quando le aspettative sono ancora troppo esili.