-di SANDRO ROAZZI-
Rumors in azione per alimentare il fuoco del braccio di ferro fra il Presidente della Bce Draghi e i suoi contestatori tedeschi. Che sia vero oppure no la notizia di un possibile invito del Parlamento tedesco a Mario Draghi per l’’autunno per spiegare la politica monetaria delle Bce assomiglia molto al racconto biblico di Daniele nella fossa dei leoni. Lo scontento delle banche regionali tedesche in particolare, che rimproverano a Draghi di minare la loro redditività e lo scetticismo di settori dei mercati finanziari dove cova un clima antieuro continuano dunque ad incalzare l’azione decisa della Bce e a quanto pare non disdegnano alcun mezzo per mettere in difficoltà il suo Presidente.
Va detto che il tempo… concesso sa tanto di giudizio sospeso per permettere alla Bce forse di correggere la mira. Draghi non è certo tipo da temere il confronto con il Bundestag tedesco, ma immaginiamo per un solo momento cosa accadrebbe se il Presidente della Bce fosse osteggiato apertamente in quel contesto e quali ripercussioni si potrebbero avere sull’atteggiamento della stessa Merkel. L’altolà all’Italia arriva anche dal Presidente della Bundesbank , Jens Weidman, che dà esplicitamente dell’ottimista al Ministro Pier Carlo Padoan e ricorda che l’Italia è fra le nazioni più discole nel mancato rispetto delle regole (ma non è che la Germania si affanni troppo a rispettarle, soprattutto quando le amnesie producono effetti benefici per Berlino come nel caso dell’avanzo commerciale mai redistribuito e mai messo sotto accusa da Bruxelles).
L’atmosfera sembra dunque volersi arroventare anche se il probabile compromesso con la Grecia sul pagamento del suo debito potrebbe gettare acqua sul fuoco e tranquillizzare l’inquieta opinione pubblica tedesca. I tedeschi non ne vogliono più sapere di “favori” alla Grecia dalle… mani bucate (ma nel caso specifico, il governo tedesco ha sino ad ora fatto tutto quel che aveva promesso la scorsa estate), anche se sta nelle cose che a quel Paese verrà riconosciuto un allentamento delle scadenze che equivale ad una sorta di sconto inevitabile se non si vuole tornare ai tempi della paventata Grexit. Domani intanto i mercati valuteranno le intenzioni della Fed statunitense che di solito è cauta quando si avvicina la fase cruciale del periodo elettorale per la Presidenza degli Usa e potrebbe rinviare ogni decisione sui tassi a fine anno.
Ma non si può escludere che possa anche sorprendere tutti con un ritocco prudente che suonerebbe però come un monito per investitori e Governi del tipo “attenzione a quel che fate”. Si rischia una guerra dei nervi mentre l’economia procede ma senza avere la forza di puntare in alto. E proprio in questo scenario si consumerà anche la conclusione del dialogo fra Bruxelles e Roma sulla questione della flessibilità di bilancio. Come dire alla guerra dei nervi occorre rispondere con… i nervi a posto. Ed è quello che si sono sforzati di fare in questi giorni Padoan e Renzi anche se quel che manca è proprio quella politica economica comune che al tempo stesso eviti di ripiombare in regimi di austerity tanto cari agli ambienti tedeschi più critici verso questa Europa, restando per altro verso alla solita enunciazione della esigenza di riforme strutturali che lascia il tempo che trova.
La situazione del resto appare ancora incerta: l’Istat informa che la fiducia delle famiglie subisce un leggero calo mentre quella delle imprese riprende salvo che nel commercio, a testimonianza della fatica che fa la domanda interna a risollevarsi. Il cammino è ancora lungo e ad ostacoli.