-di SANDRO ROAZZI-
E’ presto per dirlo ma a febbraio si registrano due positivi “vagiti” dall’economia reale, industria e commercio, il cui segnale più interessante è costituito da un timido risveglio del mercato interno.
Eppure qualcosa si muove. Le vendite al dettaglio, secondo l’Istat, trainate dai beni alimentari (quindi al di fuori di calcoli che includono i saldi) compiono un balzo del 2,7% rispetto allo stesso mese del 2015. Bene la grande distribuzione con un +3,5%, meglio ancora con un +4,8% i discount – e questo era facilmente immaginabile – ma segno più anche per i piccoli negozi sotto schiaffo durante la lunga recessione e che avevano inanellato una serie interminabile di segni meno con chiusure e perdite di migliaia di posti di lavoro. Ora si passa da un -0,4% di gennaio ad un +1,8% di febbraio.
Cosa può voler dire questo miglioramento complessivo della situazione del commercio se non che si comincia ad avvertire forse un cambiamento di umore nei comportamenti. E, se confermato nei mesi successivi, potrebbe rivelarsi anche piccolo viatico per contrastare la deflazione. E dal fatturato e dagli ordini della industria arrivano conferme che si lavora…per il mercato interno. A febbraio la crescita del fatturato è modesta ma il segno più è dovuto all’attività svolta per l’interno, mentre flette quella per l’estero. Ancora più evidente è questa tendenza per quel che riguarda gli ordinativi.
Sono tracce ancora esili, ma prima erano inesistenti. E per il commercio va anche detto che la vitalità dei piccoli esercizi è un buon segno anche nella direzione di non sguarnire troppo i centri urbani con una desertificazione crescente di attività commerciali che finiscono per ripercuotersi negativamente sulla vita quotidiana dei ceti più deboli e degli anziani. Anche se questo settore fa i conti e li farà ancor di più nel futuro con i cambiamenti indotti dalle reti e dalle nuove tecnologie.