Deflazione ma non cronica

-di SANDRO ROAZZI-                             

La deflazione c’è ma almeno dai dati Istat di marzo non sembra volersi cronicizzare ai livelli peggiori.  A marzo l’andamento dei prezzi segna un +0,2% su febbraio ma il tendenziale resta negativo: -0,2% su marzo 2015.

        E la deflazione… riunifica il bel Paese, visto che sono 22 le grandi città che condividono questa situazione e 13 le regioni con i prezzi in diminuzione.

        Certo influiscono anche fattori stagionali: nel capitolo delle curiosità si registra il forte calo dei prezzi di piante e fiori con un 0,8%. E potremmo continuare con la influenza della Pasqua sull’aumento dei prezzi nel settore ferroviario dei trasporti passeggeri, oppure con  il rialzo congiunturale delle spese condominiali.

        Ma ancora una volta la vera partita dei prezzi si gioca sulla flessione dei prezzi dei beni energetici (petrolio e soci), e dall’altra parte sull’aumento di quelli di alcune tariffe, in questo caso in particolare interessa le tariffe dei rifiuti, ma è un modo non auspicabile di far salire l’ inflazione visto che si traduce in meno reddito disponibile per le famiglie. Migliora leggermente intanto l’ inflazione  di fondo che non tiene conto appunto dei fattori stagionali e dell’energia, ma non fino al punto di far intravedere reali inversioni di tenenza. Il resto è… sostanzialmente calma piatta  non priva di apprensioni sul futuro.

        Un mutamento della situazione si attendeva dalla immissione di liquidità della Bce che però non arriva visto che l’economia reale continua a viaggiare al minimo ed è frenata da troppe incertezze. Senza opere pubbliche ed aumenti di stipendi e salari degni di questo nome difficilmente l’inflazione potrà risollevarsi su valori più ragionevoli avvicinandosi all’agognato 2% di Draghi.

        Il boom dei vaucher nel 2015, +66%, invece ci segnala che almeno per quel che riguarda il mondo del lavoro le direzioni sono altre e ben più modeste in termini reddituali. E gli investimenti pubblici e privati  faticano a riprendersi dopo il crollo della recessione,  anche se qualcosa si muove.

Ieri negli Stati Uniti con molto garbo il Ministro Padoan replicava al Fmi, più pessimista sul Pil italiano nel 2016, con un “vedremo alla fine chi ha ragione” rivendicando il realismo delle previsioni governative sulla crescita.  E oggi in suo aiuto ci sono i dati Inps sulla diminuzione delle domande di disoccupazione e delle ore di cassa integrazione. Ma sono scenari che paiono ancora disegnati sull’acqua, tanto sono mutevoli.

        In più ci si mettono le contraddizioni dell’economia internazionale. La Fed  pare restia a rialzare i tassi con il dollaro Usa, anche a causa della lunga campagna presidenziale, che resta debole e concorrenziale nei confronti dell’euro. Un problema non da poco per la  Bce e l’economia europea infognata nella deflazione,  mal comune e sempre più insidioso per tutti.

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