-di SILVANO MINIATI-
Tra pochi giorni saremo chiamati a decidere se intendiamo o meno far parte della larga schiera dei cittadini italiani che da sempre considerano l’esercizio del diritto di voto una conquista irrinunciabile o se per scelta o per disinteresse siamo disponibili a farci arruolare nell’esercito dei disertori.
I disertori usufruiscono di un privilegio che dovrebbe essere rifiutato a priori da qualsiasi democratico. Con il meccanismo elettorale che vincola la validità del referendum al raggiungimento del quorum, si conferisce al cittadino che diserta un doppio potere.
Infatti, non andando a votare, scelta che la costituzione considera legittima, non solo si decide per se e secondo la propria convinzione, ma quello che invece dovrebbe essere considerato intollerabile si incide anche sula validità o meno del referendum. In base a tela meccanismo, io che voto ho solo la possibilità di esprimere una posizione. Mentre colui che diserta le urne, con l’obbiettivo dichiarato di far mancare il quorum sceglie contro la mia libertà e il mio parere
Non è esagerato dire che chi accetta l’invito a far mancare il quorum assume un atteggiamento non solo contrario ma anche antidemocratico contro di me che invece decido di partecipare al voto.
Intanto con questa mannaia del quorum sulla testa, io andrò a votare senza sapere se ciò conterà oppure no.
Solo a cose fatte e cioè a urne chiuse si saprà se ho esercitato il diritto di voto o se è stata tutta una finzione. Chi parla tanto di riforme costituzionali dovrebbe riflettere su come possono essere rimossi tutti gli impedimenti che oggi impediscono un normale esercizio del diritto di voto.
Si dovrebbe riflettere sul fatto perché un diritto a esprimere un parere su questioni magari di grande rilievo viene mantenuto in vita o brutalmente cancellato in forza di un voto che certifica se si è superato o meno il cinquanta per cento degli aventi diritto.
La questione non è affatto di lana caprina e ciò diventa evidente nel momento in cui superare o meno la soglia di validità di un referendum, diventa condizione per il mantenimento in carica di governi.
Comunque la si pensi, dovrebbe essere chiaro a tutti che andare a votare è non solo un dovere personale, ma anche una necessità per il mantenimento e lo sviluppo di un regime democratico come il nostro.
Di andare a votare ce lo chiedono i responsabili delle istituzioni del nostro paese: Presidenza della Repubblica e Corte Costituzionale per primi. Fino ad oggi, si è fatto però di tutto per scoraggiare la partecipazione al voto.
Chi considera questo un fatto preoccupante può correre ai ripari. Siamo il paese della rete, quasi tutti possediamo un telefono e un cellulare. Volendo, possiamo creare le condizioni perché nei prossimi tre giorni partano milioni di messaggi ad amici, parenti conoscenti e cittadini in generale con i quali affermiamo “Io vado a votare, fallo anche tu!”.
Ognuno potrà votare poi Si, No o scheda Bianca. Tutti assieme potremo gioire per aver fornito una grande prova di civismo e di maturità democratica