Confindustria, “frattura” presidenziale

 

           -di SANDRO ROAZZI-                          

  Non è la prima volta che il nuovo Presidente della Confindustria esce da una consultazione che spacca  l’Associazione degli industriali privati. Avvenne nel duello Callieri-Damato ad esempio ed in quello recente Squinzi-Bombassei. Ma il ruolo di Confindustria impedisce fratture permanenti: deve usare tutto il proprio peso nel rapporto con il Governo, decisivo nel “dare”, deve svolgere una efficace funzione di lobbies, deve tenere insieme un mondo popolato di grandi gruppi, medie e piccole imprese. Non a caso uno degli sconfitti nel voto per il nuovo Presidente, Fabio Storchi leader della potente Federmeccanica, ha sostenuto senza esitazioni: “ci ricompatteremo”.Per la seconda volta un Presidente di Confindustria si avvale dei voti importanti di grandi gruppi ex pubblici: ieri fu Paolo Scaroni a mettere il cappello sulla elezione di Giorgio Squinzi, oggi a rallegrarsi è Emma Marcegaglia, Presidente Eni. L’ombra della scomparsa Intersind consuma le sue…piccole vendette. E per la seconda volta un candidato delle imprese metalmeccaniche esce sconfitto sul filo di lana: ieri il candidato di Fiat Carlo Callieri, oggi quello di Federmeccanica e non solo visto il disappunto di Luca Cordero di Montezemolo, Alberto Vacchi. Fine delle analogie. Il 52enne Vincenzo Boccia eredita una situazione non facile. Al termine “discontinuità” preferisce quello di “comunità”, la sua “ossessione” è costituita dal desiderio che le piccole imprese diventino medie, le medie si strutturino in grandi, le grandi nuotino nel mare delle multinazionali. Il suo credo è “tecnologia ed innovazione” due numi tutelari anche della sua impresa di famiglia, Arti grafiche Boccia, ereditata dal padre, tipografo tenace nel lavoro e uomo di sinistra, area Pci. Ex piccola, ora media impresa che fa un terzo del fatturato all’estero.  I sindacalisti che hanno avuto a che fare con Vincenzo Boccia ne parlano con rispetto, ha fama di uomo di dialogo e di relazioni.

        Ma avverte che il cuore della contrattazione è quello che batte a livello aziendale e che per tenere alte le ragioni dell’Italia manifatturiera occorre rilanciare la competitività. Sull’Europa Boccia non sembra voler seguire le  sirene anti-Ue e non vede alternative possibili. La Confindustria la conosce bene visto che ha salito i suoi gradini diventando Presidente della Piccola Industria e uno dei dirigenti-chiave nel difficile rapporto con il credito e la finanza.

        Ora però dovrà misurarsi con sfide di grande portata. Anche la Confindustria infatti avverte il logorio dei corpi intermedi e del concetto di confederalità, specie dopo l’avvento del decisionismo in economia di Matteo Renzi. E gli industriali privati devono decidere quale tipo di rapporto instaurare con i sindacati, mentre Sergio Marchionne se ne è andato da tempo e all’interno della Fca si ragiona perfino di sindacato americano dell’auto, ovvero l’opposto della confederalità. Squinzi aveva bocciato con un eloquente “superato” il documento unitario di Cgil,Cisl e Uil sulla riforma della contrattazione. Boccia come si comporterà? E questa inquietante stagnazione che alligna nell’economia italiana come sconfiggerla? Renzi ad un certo punto aveva detto agli industriali: “ora avete gli strumenti con il Jobs act e gli incentivi , ora tocca a voi investire”, la risposta deve ancor essere data in buona parte.

        Papa Francesco nella storica udienza concessa alla Confindustria nella sala Nervi in Vaticano aveva esortato gli industriali a fare in modo che “il lavoro crei altro lavoro”, esortazione in attesa di riscontri. Negli ultimi tempi poi si erano registrate assonanze importanti fra gli industriali privati, Confcommercio e Confartigianato. Si proseguirà su questa via? Ma tutto è in movimento. Anche l’editoria, dopo le sinergie fra colossi come La Stampa e La Repubblica, e le ipotesi sulle quali si fantastica e che tirano in ballo perfino il “Corriere della Sera”, dopo l’uscita degli Agnelli, e proprio il “Sole 24 Ore” di cui Confindustria detiene il controllo.  Boccia peraltro conosce bene quel mondo avendo la sua azienda partecipato per dieci anni, fino al 2014, alla stampa de “la Repubblica”. Insomma l’agenda del lavoro è fitta, ma lui non pare  tipo da impressionarsi. Ed un fatto è certo: Confindustria ha proprio bisogno di ritrovare un vero leader.

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