-di ANTONIO TEDESCO-
Frauke Petry sta facendo tremare l’Europa. I sondaggi danno il suo partito, Alternative für Deutschland (Alternative per la Germania) in grande crescita e le elezioni in tre land (Renania-Palatinato, Baden-Wuerttenberg e Sachsen-Anhalt) sono state il primo credibile banco di prova per le ambizioni della signora.
Ma chi è la spina nel fianco della Merkel, ribattezza la Le Pen tedesca, che rischia di destabilizzare il già precario equilibrio politico europeo?
Con l’ascesa della Petry si è assistito a una netta virata a destra dell’AFD, nonostante lei abbia definito il suo “un partito liberal-conservatore”. Nata come forza politica anti-sistema fondata su un “populismo moderato” che ha fatto della democrazia diretta un cavallo di battaglia, in realtà una chimera nei sistemi complessi, usata in maniera spregiudicata da chi vuole solo tagliare le unghie alla democrazia (di qui l’accostamento al M5S), l’AFD si è spostato su posizioni ultra-nazionaliste e conservatrici e sta raccogliendo i malumori dei tedeschi (la “cultura dell’assedio” cioè uno storico richiamo alla “pancia” del paese, già presente in vecchi discorsi di intellettuali come Martin Heidegger) che temono un’invasione di profughi (c’è sempre un “diverso” con cui prendersela). Il Movimento, fondato da Bernd Lucke, professore di macroeconomia dell’Università di Amburgo, dopo aver mobilitato nel 2013 strati crescenti della popolazione preoccupati per la crisi dell’euro, negli ultimi tempi ha concentrato i propri messaggi sulla politica dell’accoglienza di Berlino. Oggi l’AFD somiglia molto alla Lega Nord di Matteo Salvini e con “input” analoghi sta svuotando i serbatoi elettorali di alcuni storici partiti tedeschi: FDP, CDU, CSU. Il Movimento di “Frau” Petry piace ai grandi imprenditori, agli integralisti cattolici e alla borghesia di destra (un “blocco” che nella storia della Germania ha prodotto risultati spesso tragici).
Ad oggi non abbiamo molti studi su questo Movimento (a breve però la Fondazione Nenni pubblicherà una ricerca italo-tedesca sull’argomento) che appare agli studiosi come uno dei tanti partiti in grado di sgretolare il consenso che si raccoglie intorno ai partiti tradizionali mettendoli così in crisi. Infatti, dopo i primi deludenti risultati elettorali (alle elezioni federali del 2013 l’AfD ottenne il 4,7%, non riuscendo a superare la soglia di sbarramento del 5%; alle successive elezioni europee del 2014, il 7,04%, conquistando sette eurodeputati) il Movimento sembra in grande ascesa.
Il copione di riferimento appare lo stesso: la paura dell’invasione come tema su cui far leva. L’AFD sta raccogliendo lo scetticismo dei tedeschi sull’euro e sull’Unione Europea, proponendo di conseguenza soluzioni shock: uscita dalla moneta unica, chiusura delle frontiere.
I possenti flussi migratori determinati dall’instabilità politica e dalle guerre stanno mettendo in crisi molte nazioni europee e la stessa tenuta dell’UE, a cominciare dal trattato di Schengen: in tanti li stanno utilizzando come arma (efficacissima) per fomentare la xenofobia e per far guadagnare terreno alle posizioni anti-europeiste.