La campagna di primavera

-di SANDRO ROAZZI-

 

        Ancora una volta soffiano venti contrastanti sull’economia mondiale ed i mercati finanziari restano appesi ad una incertezza di fondo che resta l’eredità peggiore della passata recessione.

        Il Giappone conferma la tendenza ultima ad un Pil negativo che vuol dire stagnazione dopo la cura da cavallo per immettere liquidità nel sistema economico e stimolare una ripresa anti-deflazione. La bassa crescita mondiale però ha ridimensionato le attese e questo potrebbe diventare un segnale preoccupante anche per altre economie manifatturiere, non esclusa la nostra. Del resto il tonfo dell’export cinese, -25,4% a gennaio conferma che si naviga a vista ed in acque piuttosto basse. Ad aggiungere interrogativi sulla crescita ovviamente c’è anche il petrolio sceso nuovamente sotto i 40 dollari, divenuto uno dei più potenti additivi della …deflazione, dopo essere stato per anni un pericolo inflazionistico per eccellenza.

        Per giunta in Europa la roulette delle previsioni di crescita fanno uscire numeri sempre più striminziti sul 2016 e sul 2017 ed il sorriso non torna neppure alla notizia che la produzione della potente locomotiva economica tedesca ha fatto segnare a gennaio un +3,3% rispetto a dicembre. Anzi sotto sotto si teme forse un ritorno di fiamma di un certo, pur se poco probabile visti tempi e problemi, di autoritarismo germanico.    Tutto questo mentre si apre a Bruxelles la campagna di primavera dei conti pubblici dell’area euro. Il Ministro Padoan assicura che l’Europa non ci “chiede qualcosa in più” e che il problema consiste solo nel “definire con la Commissione il quadro di finanza pubblica e di politiche per la crescita per il 2016” compresa la misura di flessibilità addizionale da concordare. Sembrerebbe la rappresentazione di un confronto in un contesto di normalità eppure non pare affatto che si tratterà di una passeggiata di salute, visto anche lo spauracchio del debito che colloca l’Italia, è vero, in mezzo ad una schiera di 11 Paesi,  ma con la poco tranquillizzante vocazione a svettare.

        Lo scenario non è dei migliori anche se per fortuna segnali positivi non mancano, come la minore perdita di posti di lavoro, frutto soprattutto della tenuta tenace di tante piccole e medie imprese, ma anche, diciamolo, di un atteggiamento responsabile del tanto bistrattato sindacato.

        Eppure la primavera politica, con le tante dispute in pista, rischia nel nostro Paese di sopravanzare la primavera economica verso la quale invece occorrerebbe più attenzione e più coesione sugli obiettivi perseguibili. Che sono sempre gli stessi: evitare l’equazione deflazione=povertà, rilanciare gli investimenti, rafforzare con i fatti la vocazione industriale. Una sottovalutazione al dunque pericolosa. Chissà…

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