La parabola di Alexis

Alexis Tsipras, head of the anti-bailout Syriza party, speaks during a financial conference in Athens on Tuesday, Dec. 2, 2014. Tsipras said that Greece’s battered economy could not recover unless the money owed to other Eurozone country’s was cut significantly. The leader of Greece’s popular left-wing opposition says he will demand a massive debt haircut from bailout lenders if his party comes to power in a possible snap election early next year. (AP Photo/Petros Giannakouris)

Da quasi erose nazionale a nemico da abbattere. La politica corre sempre più veloce. Ne ha avuto conferma anche Alexis Tsipras che dopo aver evitato sette mesi fa che fossero Schaeuble e la Merkel a mandarlo a casa, adesso rischia che sia il suo paese a decretare la fine della sua esperienza di governo con un paralizzante sciopero generale. Chi ha seguito con simpatia l’esperienza di Syriza sarà deluso; chi non ne ha mai condiviso scelte e strategie gonfierà il petto pronunciando la frase di rito: “Ve l’avevamo detto”. Povero Tsipras, stretto tra la morsa di una “austerità” che ha aumentato il tasso di incertezza presente in Europa consentendo solo alla Germania di ottenere notevoli vantaggi economici (ultimo, il consistente aumento degli stipendi mentre ad Atene si tagliano pesantemente le pensioni), l’inadeguatezza delle precedenti classi di governo e una piazza decisamente stremata. Il tutto mentre alle porte della Grecia monta l’onda delle migrazioni e Bruxelles, invece di darle una mano la mette ancora una volta in quarantena. Diciamolo con franchezza: questo non è il fallimento di Tsipras, che pure ha commesso molti errori. Questo è il fallimento di un’idea nata nella mente illuminata di Spinelli, Rossi e Colorni e finita sotto le suole di Junker, Merkel, Schaeuble, Hollande, Renzi e i “falchetti” del Nord.

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