La doppia violenza sulle donne


-di VALENTINA BOMBARDIERI-

            È cronaca di questi giorni la storia di follia che ha investito Carla Ilenia Caiazzo, la donna di Pozzuoli all’ottavo mese di gravidanza, data alle fiamme dal compagno Paolo Pietropaolo. La piccola Giulia Pia, nata col parto cesareo, sta bene. La mamma è in condizioni gravissime. L’uomo si trova ora in carcere. Così come si trova in carcere un altro uomo, un catanese accusato di aver strangolato la sua ex convivente, madre di tre figli. Nel bresciano la terza follia omicida. Un uomo ha ucciso la moglie a coltellate per poi schiantarsi contromano con la sua auto contro un tir sulla A4. Tre storie terribili. Sicuramente non le prime di una lunga serie. Nel 2015 sono state 128 le donne uccise in Italia, prevalentemente dal marito o dal compagno. Ancora troppe, anche se il dato è in calo del 6,57 per cento rispetto al 2014, quando si contavano otto omicidi in più. I dati del Viminale, aggiornati al 22 dicembre, evidenziano che sui 411 omicidi totali nel nostro Paese, il 31,13% vede come vittime donne. Ma è solo la punta dell’iceberg: prima di arrivare all’omicidio si registrano 6.945 atti persecutori a danno delle donne, 3.086 casi di violenza sessuale e ben 6.154 casi di percosse. Inoltre sempre nel 2015 si sono verificati 1.198 ammonimenti del Questore (in calo del 3,68% sul 2014) e 217 allontanamenti (-16,54%).

            La speranza è che Carla Ilenia Caiazzo, riesca a sopravvivere per poter vedere la sua piccola Giulia Pia: in queste ore sta lottando contro la morte con il 45% del corpo ustionato.

            La storia si ripete. Sempre. È ora di dire basta, di fermare queste follie che vedono come vittime le donne, che non hanno altra colpa se non quella di essere tali. Altre vittime silenziose sono i figli, grandi o piccoli che siano, che vedono strapparsi la mamma da mostri che hanno contribuito a metterli al mondo.

            Mi rifiuto e mi vengono i brividi quando sento giustificare questi omicidi parlando di “crimini passionali” o di “raptus causati da gelosia o infedeltà”. Noi donne noi siamo proprietà di nessuno ed è giusto e sacrosanto che questa mentalità venga cancellata dal nostro paese. L’Italia ha ereditato dal fascismo il concetto di delitto d’onore (cancellato diciannove ani dopo l’approvazione della Costituzione e venti dopo il suffragio universale). Se l’onore del marito veniva infangato dal comportamento della moglie, lui aveva il diritto di punirla.

            Le associazioni femministe sollecitano da anni lo Stato a raccogliere i dati in un registro ufficiale la cui mancanza impedisce di rendersi conto effettivamente delle dimensioni del problema. Se i dati venissero raccolti lo Stato dovrebbe poi necessariamente attivarsi. In Italia se una donna sporge denuncia nell’80% dei casi viene ignorata, lo Stato abbandona le vittime che continuano a rimanere nel loro vortice di violenza domestica fino a quando succede l’irreparabile. La difesa della famiglia tradizionale viene prima di ogni altra cosa. Marito moglie e figli. Anche se la moglie presenta lividi e viene alla fine bruciata viva. La violenza sulle donne è un fenomeno che riguarda tutti. Invece noi italiani siamo portati a pensare che non ci riguardi fino a che non ci tocca da vicino, fino a che non tocchi una nostra conoscente o una nostra parente.

            È necessario accendere ancora di più i riflettori su questo problema, che è un problema sociale e culturale.

            Quando personaggi come Kiko Arguello, sul palco del penultimo Family Day sostengono che “Ci sono tanti casi di questo tipo, dicono che questa violenza di genere sia causata dalla dualità maschio-femmina ma per noi non è così. Quest’uomo (si riferisce a un caso di cronaca nera in Svizzera, dove Matthias Schepp ha rapito le figlie e poi si è ucciso) ha ucciso le bambine per un’altra ragione. Se quest’uomo è ateo nessuno gli conferisce l’essere come persona, ha solo una moglie che gli dà un ruolo: “Tu sei mio marito” e così lui si nutre dell’amore della moglie. Ma se la moglie lo abbandona e se ne va con un’altra donna quest’uomo può fare una scoperta inimmaginabile, perché questa moglie gli toglie il fatto di essere amato, e quando si sperimenta il fatto di non essere amato allora è l’inferno. Quest’uomo sente una morte dentro, così profonda che il primo moto è quella di ucciderla e il secondo moto, poiché il dolore che sente è mistico e terribile, piomba in un buco nero eterno e allora pensa: “Come posso far capire a mia moglie il danno che mi ha fatto?” Allora uccide i bambini. Perché l’inferno esiste. I sociologi non sono cristiani e non conoscono l’antropologia cristiana, il problema è che non possiamo vivere senza essere amati prima dalla nostra famiglia, poi dagli amici a scuola, poi dalla fidanzata e infine da nostra moglie”.

Quindi per Arguello:

– tutti gli assassini (sì, assassini) sono atei;

– tutti costoro erano già stati lasciati dalla moglie (varrà anche per le cosiddette “coppie di fatto?);

– tutte le mogli che li lasciano si sono scoperte lesbiche (si parla infatti di una moglie che lascia il marito per un’altra donna);

– tutti i sociologi sono, essi pure, atei;

– i bambini sono proprietà e non persone, e in quanto tali vengono ammazzati dal papà per fare dispetto alla mamma alla stregua di un kleenex usa e getta.

            Arguello (ma evidentemente non solo lui all’interno di un certo clima sub-culturale) non sembra preoccuparsi minimamente di quali siano i sentimenti e il vissuto delle vittime, delle donne intendo. Occorrerebbe cioè l’azzardo di riconoscere dignità di persona alla donna – e perché no, già che ci siamo anche ai bambini eventualmente coinvolti. Sembra come se un uomo non avesse anche una propria identità senza una donna al proprio fianco.

            Invece di interrogarsi su cosa non funzioni nella cultura familiare tradizionale se questa genera violenza, si rinnova l’adagio della colpa femminile: “Il nodo sta nel fatto che le donne sempre più spesso provocano, cadono nell’arroganza, si credono autosufficienti e finiscono con esasperare le tensioni esistenti, – sostiene Bruno Volpe in un suo articolo -. Bambini abbandonati a loro stessi, case sporche, piatti in tavola freddi e da fast food, vestiti sudici e da portare in lavanderia, eccetera… Dunque se una famiglia finisce a ramengo e si arriva al delitto, spesso le responsabilità sono condivise”. Evidentemente, più che investigatori, contro il femminicidio occorrono pasti caldi e camicie ben stirate. Discorsi che ricordano quelli che si facevano negli anni Sessanta quando Mary Quant inventò la minigonna: la colpa degli stupri era di chi le indossava non di coloro che con la violenza le strappavano

            Possibile che alcuni uomini non abbiano ancora capito che la donna non è un essere inferiore da piegare al suo volere ma al limite l’esatto opposto? Da sempre alcuni uomini si credono eletti utilizzando, di conseguenza, ogni mezzo per ribadire il concetto. La speranza è che, oltre al buco dell’ozono, si riescano a tappare anche i buchi presenti in alcuni cervelli maschili e che, al più presto, si possa finalmente smettere di parlare di violenza, di morte e di brutalità sulle donne.

Valentina Bombardieri

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