-LUCIANO PELLICANI- Come era logico che fosse, a trent’anni dalla morte di Enrico Berlinguer , numerose sono state le rievocazioni del ruolo che egli ha avuto nella storia della Repubblica. Meno logico che egli fosse celebrato come una sorta di nume tutelare dei valori della democrazia. Come ha fatto Eugenio Scalfari , che non ha avuto esitazione alcuna a paragonarlo addirittura a Papa Francesco !
Ora, che Berlinguer sia stato un leader politico di grande integrità morale , è cosa che nessuno può mettere in discussione. Ma ciò non può oscurare il fatto che egli ha tenuto in vita, con un impegno degno di miglior causa, il mito dell’Unione Sovietica “patria del socialismo”. Lo ha fatto in nome della fantomatica “terza via” . Questa – tenne sempre a precisare il segretario del Pci — doveva esse rigorosamente distinta dalla via socialdemocratica , ché la sua meta non poteva non essere la fuoriuscita “dalla logica del capitalismo , per muoversi nella direzione di uno sviluppo economico, sociale e politico di tipo nuovo, orientato verso il socialismo”. Tale fuoriuscita doveva essere compiuta tenendo costantemente presente i Paesi deve era stata abolita la proprietà privata , nei quali — affermava con stupefacente serenità Berlinguer – era “universalmente riconosciuto che esisteva un clima morale superiore , mentre le società capitalistiche erano sempre più colpite da un decadimento di idealità e di valori etici e da processi sempre più ampi di corruzione e disgregazione”. Aggiungeva Berlinguer — a rinforzo della sua celebrazione delle virtù ( del tutto immaginarie) del modello sovietico — che “nel mondo capitalistico c’era la crisi, nel mondo socialista no”. E , quasi a cancellare ogni dubbio sulla natura terzo- internazionalista della “terza via” , egli esaltò la “ricca lezione leninista”.
E’ chiaro, quindi, che Berlinguer ha proposto come un modello da imitare – sia pure con qualche spruzzatina di pluralismo — quel mostruoso impasto di dispotismo, miseria, corruzione , irrazionalità economica e imperialismo ideologico precipitato , fra il 1989 e il 1991, nel nulla storico. Ed è parimenti chiaro che, proprio a motivo della sua allucinata lettura della realtà , il Pci rimase — per usare l’efficacia metafora di Giorgio Napolitano – “in mezzo al guado”. Ciò impedì la ricomposizione unitaria della Sinistra italiana all’insegna dei valori e dei metodi del socialismo riformista. Il che costringe a giungere alla conclusione che quella di Berlinguer è una eredità totalmente negativa, di cui gli ex-comunisti devono liberarsi al più presto possibile. Come devono liberarsi dell’eredità togliattiana, di cui Berlinguer fu l’interprete più fedele.
maggio 6, 2014 alle 3:01 pm
Caro Luciano,
Parole più che giuste .
Ti ricordo con affetto
Alberto Franci
Università di Urbino