-EDOARDO CRISAFULLI-
Ho criticato a viso aperto il modo in cui è nato il Governo Renzi. Ma per fortuna milito in un partito democratico, non nel Movimento 5 stelle, e quindi non rischio né l’espulsione né la gogna. Detto quel che c’era da dire, ora bisogna augurarsi che Renzi ce la faccia – per il bene della sinistra e, soprattutto, per il bene dell’Italia. Noto invece che le critiche a questo Governo sono come un torrente in piena. Faccio fatica ad abituarmi a un clima da campagna elettorale permanente. Accanto a timori legittimi (es. È saggio che un Governo ambizioso, di “legislatura”, conti press’a poco sul 25% dei voti?), proliferano critiche irrazionali, senza capo né coda. Nei social network, anche quando sono ben frequentati, abbondano gli slogan e le invettive, frutto di un malanimo (più che malessere) diffuso, che sta tracimando ovunque. Questo è il risultato di vent’anni di politica urlata, mai argomentata.
Leggo cose da far rabbrividire. Non mi esprimo sulle accuse di disonestà (mai presunta, sempre data per certa) scagliate contro questo o quel politico. Ormai ci abbiamo fatto il callo: i politici sono tutti in odore di mafia; e dar del ladro, in Italia, non è più una ingiuria: è una iniziazione linguistica all’attività politica. È utile invece riflettere sui commenti apparentemente intelligenti – i più ingannevoli. “Il tal Ministro non è laureato alla Sorbona o a Oxford, o non lo è affatto. Il tal altro non ha il dottorato e neppure una pubblicazione.” È sempre in auge il mito del governo degli onesti e dei competenti.
Chi non desidera politici di specchiata moralità, per giunta colti e poliglotti, che ci facciano fare una bella figura nel mondo? Ma il Parlamento è tutt’altra cosa dal Senato accademico. Chi fa politica, deve maneggiare gli strumenti del suo mestiere. Ci soccorre qui l’intramontabile Don Benedetto, che non le mandava a dire. Il governo degli onesti e dei competenti, diceva, è “l’ideale che canta nell’anima di tutti gli imbecilli”. Un ideale che denoterà anche nobiltà d’animo e ottime intenzioni in chi lo professa. Ma è pur sempre una “manifestazione della volgare inintelligenza circa le cose della politica.” (Etica e politica, 1931) L’onestà in sé e per sé non è una dote o abilità politica. Altrettanto dicasi per “la conoscenza e l’abilità in qualche ramo dell’attività umana”. Per citar fino in fondo: è da ingenui pensare che la “politica propriamente detta”, la politica “nel suo senso buono” debba “essere la risultante di un incrocio tra l’onestà e la competenza, come si dice, tecnica”.
Gli intellettuali se hanno una funzione sociale è proprio quella di sfatare i luoghi comuni. E invece fra loro c’è chi li cavalca. Non possiamo quindi dar la colpa alla scuola che non trasmette più il sapere: le frecce più avvelenate contro i politici (presunti) disonesti e (presunti) incompetenti provengono da chi sui banchi c’è stato a lungo, e si è anche distinto. Il politico non dev’essere onesto nel senso comune del termine (il tradimento, per dirna una, non è una categoria politica). Don Benedetto ce l’ha insegnato: “l’onestà politica non è altro che la capacità politica”. Ma in cosa consiste questa capacità politica? Nessuno lo sa ex ante. Lo capiremo solo ex post, dalla verifica empirica. La politica è storia in divenire. Per giudicarla, dobbiamo analizzare i fatti. Solo così capiremo se un politico ha la stoffa del leader o dello statista. Il politico non dev’essere neppure disinteressato. Una critica che va per la maggiore: “Ah, guarda quello: gli hanno offerto una poltrona, e si è convertito al Governo Renzi.” Chiacchiere da bar. Io sono appassionato alla politica. E proprio per questo voglio che il mio politico di riferimento, colui/colei in cui credo, sia ambizioso/a. Giudicherò severamente solo se l’ambizione è fine a se stessa o se non condivido una certa visione politica. L’ambizione, posta al servizio di una causa giusta, è una grande qualità.
Il realismo politico è pragmatico, non procede per formule astratte: che la Repubblica dei filosofi sia un’utopia, lo sappiamo leggendo i libri di storia. A ragion veduta, dunque, il Nostro ridicolizza il gran consesso, composto di onest’uomini e tecnici, “ai quali dovrebbero affidarsi gli affari del proprio Paese.” Vi entrerebbero d’ufficio “chimici, fisici, poeti, matematici, medici, padri di famiglia, e via dicendo, che avrebbero tutti per fondamentali requisiti la bontà delle intenzioni e il personale disinteresse, e insieme con ciò, la conoscenza e l’abilità in qualche ramo dell’attività umana, che non sia peraltro la politica propriamente detta.” E aggiunge infine: “quale sorta di politica farebbe codesta accolta di onesti uomini tecnici, per fortuna non ci è dato sperimentare, perché non mai la storia ha attuato quell’ideale”. Abbiamo avuto Ministri tecnici con credenziali impeccabili la cui performance è stata a dir poco deludente. Ci piaccia o meno, Umberto Bossi, antitesi di Pico della Mirandola, è stato un politico di razza. E anche se viviamo in un’epoca iper-tecnologica e iper-scolarizzata (almeno per quanto riguarda le élites), che richiede sempre maggiori conoscenze specialistiche da parte di chi governa, la natura della politica, così come la colse Machiavelli, non è cambiata.
Un esempio recente di capacità politica? L’adesione del PD al partito del socialismo europeo è stato un colpo di genio, degno di uno stratega. Renzi, che proviene dal cattolicesimo democratico, ha preso il toro per le corna nel momento giusto, spiazzando tutti. Nessun post-comunista avrebbe osato tanto. Qui l’ambizione (legittima, anzi: doverosa) di Renzi è commisurata a un progetto politico. Non possiamo prevedere gli scenari futuri: tutto è in movimento. Una cosa è certa però: l’ambiguità del PD è stata cancellata; e la credibilità del PD in Europa è accresciuta. La destra ora vacilla, e non ci sono “nemici a sinistra”. Non è un risultato di poco conto.
P.S. Ah, dimenticavo… Antonio Gramsci – lui che la politica la respirava, lui che ci ha regalato quel capolavoro politico-letterario che sono i Quaderni del carcere – non era laureato. E Bettino Craxi, cui ormai tutti riconoscono doti da statista, ripeteva che l’università l’aveva fatta iscrivendosi (e sgobbando) al partito socialista.