Governo Renzi: i rischi per il centrosinistra

SALVI

-CESARE SALVI-

Il Governo Renzi porta a compimento lo stravolgimento della vita istituzionale e democratica italiana iniziato nell’autunno del 2010. Come si ricorderà, la crisi della maggioranza berlusconiana aperta da Fini fu prolungata, ritardando di oltre un mese il voto della mozione di sfiducia, per approvare prima la legge di stabilità. Il rinvio consentì a Berlusconi di acquisire i tre voti necessari per sopravvivere un altro anno. Allo scadere del quale, invece di procedere alle elezioni (che avrebbero quasi sicuramente assicurato una larga vittoria al centrosinistra), vi fu il primo governo delle larghe intese, guidato da Monti, che approvò immediatamente la legge sulle pensioni, i cui drammatici effetti sociali si stanno dispiegando senza che il dibattito politico se ne accorga. Poi, finalmente, le elezioni, clamorosamente non vinte da un PD privo di una proposta che parlasse al paese. Di nuovo le grandi intese, questa volta con l’inconcludente governo Letta, e , dopo la decadenza di Berlusconi, le piccole intese. Le primarie del PD riaprono la partita, fino alla inopinata decisione di Renzi, approvata da tutto il PD, tranne al gruppo che fa capo a Civati.

Ho ricordato vicende ben note per svolgere alcune riflessioni. In primo luogo, inutile parlare di impeachment. È vero che Napolitano è stato il regista delle operazioni che ho riassunto, ma è anche vero che il PD avrebbe potuto benissimo seguire vie diverse: chiedendo di votare subito la sfiducia nel 2010, rifiutando il sostegno a Monti nel 2011, non accettando di approvare in pochi giorni la legge Fornero e l’introduzione del bilancio in pareggio in Costituzione, ecc. E’ ancora il PD ad avere organizzato, sulla base del suo bizzarro Statuto, primarie di inizio legislatura(negli Stati Uniti un’idea simile susciterebbe ilarità), creando un dualismo che Renzi ha poi utilizzato nel suo blitz. Il risultato è un incrocio del peggio della prima e della seconda Repubblica. Della prima, perchè un Presidente del Consiglio è stato sostituito con una crisi extraparlamentare dal suo stesso partito, senza alcuna motivazione (di programma o di nuovo indirizzo politico) addotta pubblicamente. È il peggio della seconda Repubblica, perchè la svolta decisiva del meccanismo delle primarie e della personalizzazione della politica, che hanno concorso alla destituzione dei partiti e della democrazia parlamentare che ora palesa tutti i suoi effetti perversi.

Impressionante è la conquista quasi totale del PD da parte di Renzi. Il gruppo dirigente postcomunista è emarginato, rottamato o pronto a cercare gli strapuntini sul carro del vincitore. È stato fatto il paragone con il PSI del dopo Midas e forse con le dovute differenze è un paragone non privo di significato. E adesso? Non si conosce il programma del nuovo governo, se non per titoli e date di scadenza. Si parla di una legislatura da portare a scadenza naturale, contraddicendo tutta l’impostazione data tanto da Letta quanto da Renzi. Berlusconi è tornato protagonista, e non è chiaro il suo rapporto con la nuova linea del PD. L’impressione è che ci sia qualcosa di più della logica “le riforme si fanno con tutti”. Per il momento la maggioranza rimane la stessa. È difficile prevedere gli sviluppi. L’ipotesi di Renzi (l’unica vera differenza con Letta) è di ottenere dalla UE un allentamento dell’austerity. I primi segnali non sono incoraggianti.

Se non otterrà risultati, il rischio è che l’operazione Renzi finisca in un boomerang per tutto il centrosinistra. E i cittadini? Le lezioni sarde hanno confermato la preoccupante tendenza all’astensionismo. Certo, meglio che abbia vinto Pigliaru su Cappellacci, e il risultato delle liste di sinistra è certamente apprezzabile. Non bisogna dimenticare però che è stato decisivo, per la vittoria del candidato di centrosinistra, il 5% ottenuto dall’ex governatore Mauro Pili di Forza Italia. Il PD ha avuto il 22,1%, e ha perso non solo in voti assoluti ma anche in percentuale rispetto alle elezioni perse da Soru nel 2009. Ha vinto perché ha presentato ben 11 liste(altro che vocazione maggioritaria), e per una legge elettorale assurda e incostituzionale, che ha consentito di attribuire un consigliere a una lista che ha avuto lo 0,7% dei voti, e ha lasciato fuori chi ha avuto il 10%. La situazione è inquietante. C’è da sperare in una reazione dei cittadini che non si limiti all’astensionismo e al voto di mera protesta. La situazione interna la maggior sindacato italiano aggiunge preoccupazione a preoccupazione; eppure la mobilitazione sociale di centinaia di RSU di tutta Italia per “controriformare ” la legge Fornero sulle pensioni dimostra che dal mondo del lavoro viene una risposta diversa da quella del ceto politico dominante.

Le elezioni europee di maggio sono un appuntamento importante. Si prefigura una proposta(quella della lista “un’altra Europa) che per la prima volta da tanti anni prefigura un’alleanza che unisce tutte le forze a sinistra del PD, e settori significativi dell’intellettualità democratica. Nonostante dubbi e contraddizioni, è una proposta da sostenere, cominciando ad attrezzarsi per l’impegno straordinario che sarà necessario per la raccolta delle firme.

Cesare Salvi

fondazione nenni

Via Alberto Caroncini 19, Roma www.fondazionenenni.it

Rispondi