-GIUSEPPE TAMBURRANO-
L’obbiettivo di Matteo Renzi è Palazzo Chigi. E ne ha il diritto perché per lo statuto del PD la candidatura alla presidenza spetta al segretario del partito. Ovviamente quando giunge il momento e cioè le elezioni. Ecco il problema: quando si voterà in Italia? Il governo c’è e va – con fatica – avanti. Una diversa maggioranza allo stato non esiste e quindi necessariamente resta quella. La legge elettorale è stata annullata dalla Corte costituzionale e se non c’è una nuova legge il voto è materialmente impossibile. Il presidente del consiglio in carica non staziona davanti a Palazzo Chigi in attesa impaziente che arrivi il successore Renzi. Dunque la premiership per Renzi non è a portata di mano. Anche perché i numeri non sono sicuri al Senato per i sommovimenti nell’area “centrista” Monti-Casini. E non escludo un’attrazione tra questa area e Alfano che renderebbe problematica la direzione PD del governo.
Insomma quando Letta, d.c. doc, ha fatto gli auguri ai suoi ministri ha detto: non escludo che taglieremo insieme il panettone l’anno prossimo.
Le elezioni del 2013 hanno segnato una svolta. Quelle del 1994 videro l’affermarsi di un nuovo schieramento maggioritario e di un leader Berlusconi. Quelle dell’anno scorso una contro svolta: non vi è una maggioranza. Il voto di rifiuto (M5S), le astensioni e le schede nulle e bianche hanno ridotto l’elettorato che ancora “ci crede” a poco più della metà degli aventi diritto. E mentre l’astro Berlusconi è ormai spento (“andava combattendo ed era morto”) una destra ostile o estranea ai valori della Repubblica è ancora viva e numerosa.
Una classe dirigente che si è fatta nella milizia quotidiana nella gestione delle cariche dagli enti locali al governo, che ha tessuto relazioni fuori d’Italia si eclissa di fronte al sole nascente dal comune di Firenze? D’Alema fa il viticultore, Veltroni il romanziere con nostalgia d’Africa, Bersani gestisce una pompa di benzina? Solo il presidente dell’Assemblea PD , Cuperlo, ha un suo curriculum politico di….collaboratore di D’Alema.
Intanto Renzi tesse le sue alleanze. E’ stato definito il nuovo Berlusconi. Ora egli si allea con Landini per privare, tra l’altro, del diritto al ricorso al giudice i lavoratori per i primi tre anni di lavoro (art. 18). E così la disoccupazione supererà il 50 per cento.
Sogno o son desto?
Giuseppe Tamburrano
Sono convinto da decenni che la legge elettorale di cui il sistema politico italiano ha bisogno sia quella di tipo francese a due turni. Ho espresso organicamente le mie proposte in un volume di Laterza del 1983 (ahi! Come volano gli anni!). Il sistema è semplice: ciascun partito propone i propri candidati in collegi uninominali. Se nessuno raggiunge la metà più uno dei suffragi si ripete il voto dopo 7-15 giorni tra i primi due.
In Francia il sistema ha funzionato e nessuno propone di cambiarlo: funzionerebbe anche nella “bellissima Italia” che ha una struttura socio-politica simile a quella della “sorella latina”.
La sentenza della Corte costituzionale ha reso nulla la legge elettorale su vari punti. Non credo che il testo che ne residua sia utilizzabile. Basta la decisione della Corte che vuole che anche i senatori siano eletti con il collegio nazionale per caducare in toto la legge.
Grazie per l’attenzione.