Axis Orbis et Urbis

italia america

– di CESARE MILANESE –

Così Forbes “giudica e manda” per il 2013.

Primo: Vladimir Putin. Secondo: Barack Obama. Terzo: Xi Jinping. Quarto: Papa Francesco. Quinta: Angela Merkel.

E’ già un avvio di cambiamento, in termini di ragionevolezza. Chi scrive si ritiene abbastanza soddisfatto del trend, ma non del tutto. Occorrerebbe “ancora uno sforzo”. Ci si augura, allora, come momento successivo, lo schema che segue.

Primo: Vladimir Putin. Secondo: Xi Jinping. Terzo: un sostituto di Barach Obama. Quarta: Angela Merkel. Quinto: Papa Francesco.

Come si vede, due sarebbero i plessi sensibili da sottoporre a mutazione: gli Stati Uniti d’America e l’Italia. Nell’ordine, la questione americana e la questione italiana: le due plaghe nevralgiche dell’Occidente.

A rigore, la questione americana sarebbe risolvibile, come si auspica, con la sostituzione di Barach Obama, non tanto quale persona (peraltro degnissima e dignitosissima), ma perché sussunto come rappresentazione idealizzata di quella forma da democraticismo mentecatto (ed è dir poco) che va sotto il nome di “democrazia corretta” (la progressività capovolta in regressività), che è la via di fuoriuscita dalla razionalità politica, in cui sta cadendo tutto l’Occidente. Per cui, in mancanza di tale sostituzione al vertice americano, sarebbe auspicabile che il terzo posto, nell’ordine dell’Axis Orbis, fosse occupato da Angela Merkel, sive Germania, baricentro d’Europa.

Tutto ciò in attesa di ciò che in America non potrà, prima o poi, succedere: lo scontro inevitabile (e mortale per una delle due parti in causa) tra due Weltanschauungen, che caratterizzano attualmente questo pur grande Paese, e ancora quasi-primo nel mondo. Perciò tra la Weltanschauung a decadenza demenziale della “democrazia corretta”, di cui sopra, e la Weltanschauung organicamente strutturale del complesso scientifico e tecnologico, di cui l’America dispone e in ragione del quale essa può ancora primeggiare e quindi prevalere, nel mondo.

Una contrapposizione, nella quale è evidente che se la prima componente (quella del democraticismo corretto) dovesse risultare preminente, sarebbe la seconda (quella del primato scientifico e tecnologico) a dover soccombere. Dopo di che la finis Americae sarebbe ancora più certa della preconizzata finis Europae. Il che potrebbe anche avvenire, ma non senza che l’America venga comunque attraversata da una guerra civile, rispetto alla quale quella della sua unità di quasi due secoli orsono impallidirebbe del tutto.

Perciò, stiamo a vedere.

Nel frattempo surrogare l’America nella leadership del mondo potrebbe essere un’idea appropriata. Da qui la predilezione di chi scrive questa nota sulla variante (ripetiamo): Primo: Vladimir Putin. Secondo: Xi Jinping. Terzo: un sostituto di Barach Obama. Quarta: Angela Merkel. Quinto: Papa Francesco.

E quindi, ciascuno faccia la propria parte appropriata. E’ allora indubbio che la parte appropriata dell’Italia (intesa come possibile entità politica autonoma e non come espressione soltanto geografica) sarebbe quella di stabilire la propria posizione nei confronti della situazione attuale, caratterizzata, in era storicamente post-comunista, dal processo di fusione (o confusione che sia) tra due componenti in atto (le sole in campo): la componente comunistica-cattolicistica (a matrice antico Pci) e la componente cattolicistica-comunistica (a matrice antica DC).

A quale delle due componenti spetterà la guida per tale egemonia? La questione italiana, ormai, è tutta qui. Tutto ciò che non fa parte di questa compagine uniforme, organizzata “a maso chiuso”, non conta se non come residuo starnazzante. Berlusconismo, leghismo, grillismo (le opposizioni d’apparenza) sono una storia da starnazzamento italiota, la cui rilevanza, sia politica e sia storica, consiste nell’accrescimento del confusismo e dell’inconsistenza, tanto per essere benevoli. Nient’altro.

Anche il cosiddetto Centro, a paradigma governo-Monti, per esempio, se si pone come terza forza ipotetica tra l’apparenza di un centro-desta, che non è tale, e un centro-sinistra, che non è tale lo stesso, dilegua nell’inconsistenza. La sua vera funzione, se mai, è intervenire per far prevalere il polo comunistico su quello cattolicistico o il polo cattolicistico su quello comunistico (entrambi a “vocazione comunitarista” a impianto politicamente corretto).

In Italia, il processo politico in atto “reale” è soprattutto questo; e l’avvento del nuovo papato (i gesuiti pensano sempre su scala planetaria) non fa altro che acuirlo e accelerarlo. Non a caso i pensatori ufficiali d’Italia sono tutti schierati sulle mura teoriche di questo rivolgimento del politico nel confessionale e del confessionale nel politico. Eugenio Scalfari, il quale è uno che ha capito tutto da sempre, infatti, è in testa a questo “dialogo”. Giacché fare politica in Italia, in questa circostanza di svolta, significa farsi prima di tutto teologi. Infatti: Vattimo, Cacciari, D’Arcais, Zagrebelski, Rodotà…

Alle origini del Risorgimento, Ugo Foscolo, sulla scia di Machiavelli e di Guicciardini, esclamava: “Italiani, io vi esorto alle storie.”

Come cambiano i tempi! Gli intellettuali attuali d’Italia proclamano: “Italiani, noi vi esortiamo alle teologie.”

Cesare Milanese

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